A Real Pain, Recensione: il vero dolore secondo Jesse Eisenberg
Eisenberg racconta il dolore del ricordo dell’Olocausto e molto altro
Tutti conoscerete Jesse Eisenberg come attore. Non tutti sanno però che il Mark Zuckerberg di The Social Network ha seguito una tendenza sempre più frequente nel cinema contemporaneo, ovvero quella degli interpreti che si cimentano con la cabina di regia.
Il suo esordio dietro la macchina da presa non era stato dei più memorabili, seppur non disastroso. A soli due anni di distanza da quel When You Finish Saving the World con Julianne Moore, Eisenberg sembra però aver imparato dai propri errori. Il suo nuovo progetto, A Real Pain, vi conquisterà con un racconto fresco ed innovativo, che aggiunge la giusta dose di umorismo ad una storia tragica. Il "vero dolore" a cui fa riferimento il titolo è infatti, in piccola parte, anche quello del ricordo dell'Olocausto, ma non solo. Non pensiate, infatti, che si tratti del solito film su tale tema.
Presentato in anteprima italiana ad Alice nella Città 2024, A Real Pain è scritto e diretto da Eisenberg, che interpreta anche il co-protagonista della pellicola. Al suo fianco un altro volto amatissimo ed esuberante, Kieran Culkin (premio Emmy per Succession). Insieme a loro un ricco cast che comprende Will Sharpe (The White Lotus), Jennifer Grey (Dirty Dancing – Balli proibiti), Kurt Egyiawan (Beasts of No Nation), Liza Sadovy (A Small Light) e Daniel Oreskes (Gioco a due, Only Murders in the Building). A produrre il film c'è invece l'attrice premio Oscar Emma Stone, che dopo Povere Creature! e Ho visto la TV brillare continua la striscia positiva di produzioni di successo.
A Real Pain: un viaggio alla scoperta di sé stessi
David (Jesse Eisenberg) e Benji (Kieran Culkin) sono due cugini, cresciuti insieme come fratelli. Un legame spezzato dal tempo: ora David ha un lavoro e una famiglia, mentre Benji continua a possedere l'animo infantile di un tempo. I due si riavvicinano però con la morte della nonna, ebrea sopravvissuta al genocidio, che lascia loro in eredità il denaro per partecipare ad un tour sull'Olocausto in Polonia.
È un tour del dolore, quello messo in scena da Eisenberg. Un viaggio catartico alla scoperta delle proprie origini e di sé stessi. Attraverso il passato familiare e personale, si scava in profondità nell'animo di due personalità totalmente diverse. David per tutto il viaggio viene messo in ombra da Benji, il tipico ragazzo in grado di conquistare tutti con il proprio carisma. Ma anche un personaggio difficile da inquadrare, capace di alternare momenti scontrosi ad altri in cui prevale tutto il suo fascino.
Fin dal primo istante è evidente come sia lui il fulcro emotivo del gruppo turistico di cui fanno parte. Una "famiglia incasinata", come la definisce Benji. A guidarli in questo road trip c'è James (Will Sharpe), una giovane guida turistica impaziente di condividere col suo gruppo le sue conoscenze. Anche James trova in Benji una fonte d'ispirazione, una persona in grado di metterlo a disagio ma al tempo stesso motivarlo a migliorare.
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A Real Pain: cos'è il vero dolore?
Di fronte alle atrocità dell'Olocausto, si può ancora dire di star male per la propria vita? I problemi d'ansia di David possono essere considerati reali, quando suo cugino sembra aver toccato il fondo e non essere in grado di risalire? Ecco da dove nasce il titolo "A Real Pain", dal conflitto interiore di David, il suo interrogarsi sulla propria condizione per comprendere se può permettersi di soffrire.
Inoltre, come nel suo esordio alla regia, Jesse Eisenberg parla nuovamente dei menefreghisti, di coloro ai quali non interessano i reali problemi del mondo. Di chi viaggia in prima classe su un treno per la Polonia, pur consapevole dei fatti accaduti ai propri discendenti qualche decina di anni prima. O ancora, di chi guarda antiche lapidi solo come monumenti, ignorando la storia delle persone che vi sono state sepolte. I rimproveri di Benji ai suoi amici e all'irriconoscibile cugino, non più sensibile come un tempo; sono un richiamo allo spettatore, un invito a svegliarsi e non dare tutto per scontato.
Il bello di A Real Pain è come tutti questi temi emergano in modo organico dalle gesta dei protagonisti, dai loro dialoghi. Non c'è bisogno di alcuno stratagemma stilistico, né forzature narrative. È sufficiente una scrittura semplice ed efficace che alterna humor e drammaticità, scavando al contempo nella psiche di personaggi tormentati, tra chi è riuscito a superare i propri traumi e chi deve ancora capire come affrontarli.
Una semplicità curata, ben diversa dalla banalità, che torna anche nelle scelte tecniche e visive. Spicca anche la frenesia di regia e montaggio nella prima parte del film, nel tentativo di catturare la foga di uno strabiliante Kieran Culkin, da tenere d'occhio durante la stagione dei premi. Tutto diventa però calmo e composto quando sopraggiungono le immagini statiche dell'orrore, dei campi di concentramento in cui si è consumata la tragedia, e che si respira attraverso la cinepresa e le emozioni dei personaggi.
Guardare A Real Pain è come essere seduto a tavola in compagnia di Benji: un attimo prima si ride, travolti dal suo incontenibile entusiasmo; quello dopo si riflette su ciò a cui troppo spesso non si dà speso. Un'altalena di emozioni che non può lasciare indifferenti.
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HyRankA Real Pain
In "A Real Pain", Jesse Eisenberg riesce a migliorarsi notevolmente rispetto al suo esordio alla regia, realizzando un film equilibrato che alterna abilmente umorismo e drammaticità. Il punto forte è la sceneggiatura semplice ma efficace, oltre all'interpretazione carismatica di Kieran Culkin. A Real Pain esplora temi complessi come il ricordo dell'Olocausto e la sofferenza personale, senza mai risultare pesante o scontato nell'analisi introspettiva dei protagonisti.