Activision Blizzard: avviate le procedure per un forte taglio del personale
Activision Blizzard, azienda statunitense nata nel 2008 dalla fusione dell’Activision con la Blizzard Entertainment, è tra le maggiori compagnie di videogiochi, occupando il settimo posto nella classifica mondiale. Le sue linee di business con i relativi prodotti – tutti conoscono World of Warcraft, Diablo, Overwatch, Hearthstone – le hanno consentito di raggiungere un fatturato al terzo trimestre 2018, […]
Activision Blizzard, azienda statunitense nata nel 2008 dalla fusione dell'Activision con la Blizzard Entertainment, è tra le maggiori compagnie di videogiochi, occupando il settimo posto nella classifica mondiale. Le sue linee di business con i relativi prodotti – tutti conoscono World of Warcraft, Diablo, Overwatch, Hearthstone – le hanno consentito di raggiungere un fatturato al terzo trimestre 2018, secondo Newzoo, di 4,7 miliardi di dollari con un calo stimato attorno al 2%, quando il 2017 si era allora chiuso con un ricavo di 7 miliardi di dollari. Il risultato negativo in alcuni settori e le previsioni per il 2019 hanno così imposto una revisione strategica dell'organizzazione del lavoro nel suo complesso, un forte riassestamento interno, decretando, fra l'altro, il licenziamento di 800 dipendenti cioè una quota pari all'8% dell'intero staff che conta circa 9600 lavoratori.
La notizia, oltre ad alimentare notevole sconforto e tensione fra coloro a cui il provvedimento è stato rivolto, ha avuto un risvolto ancor più sconvolgente nel sapere che il nuovo CFO di Activision Blizzard, Dennis Durkin, riceverà un bonus di 15 milioni di dollari per aver accettato di subentrare a Spencer Neumann, licenziato per aver negoziato con Netflix. In una situazione abbastanza simile accaduta alla Nintendo nel 2011 il CEO stesso preferì ridursi lo stipendio del 50% piuttosto che operare tagli sul personale.
Non sono mancate reazioni alla decisione della software house americana, non solo attraverso espressioni di solidarietà, ma anche con azioni concrete come quella della Square Enix che ha invitato i licenziati a guardare le sue posizioni aperte come una possibile soluzione per il loro reintegro. Inoltre il Game Workers Unite, una sorta di sindacato, ha indetto una campagna di raccolta firme perché il CEO di Activision, Bobby Kotick, responsabile della deliberazione venga lui stesso licenziato per manifesta incapacità gestionale. Si profila dunque una battaglia auspicando che il buon senso che non sempre si accompagna con la logica del profitto, prevalga. Anche noi potremmo far sentire la nostra voce.