Back to Black, Recensione: una piccola parte della storia di Amy Winehouse

Back to Black, il biopic su Amy Winehouse, è solo una piccola parte di una grande storia che nel film fa fatica ad uscire fuori.

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I biopic sulla vita di grandi star musicali stanno prendendo sempre più piede negli ultimi anni, e anche in Italia se ne stanno realizzando diversi su svariati artisti, di recente anche in forma seriale.

Alla lista di film nati da questa tendenza, in crescita ma pericolosa nella sua riuscita si aggiunge Back to Black, arrivato nelle sale italiane giovedì 18 aprile. Si tratta di un biopic che racconta parte della vita e della carriera della cantautrice londinese Amy Winehouse.

Back to Black nasce per volere della produttrice Alison Owen, che desiderava celebrare l'incredibile talento musicale di Amy Winehouse e di contrastare la tendenza di alcuni nell'idealizzare la sua tragica morte avvenuta nel 2011 all'età di ventisette anni. Per questo progetto, ha scelto di affidare la regia Sam Taylor-Johnson, che torna al mondo della musica dopo il suo esordio nel 2009 con Nowhere Boy, un film che esplora gli anni dell'adolescenza di John Lennon.

La regista britannica ha deciso di concentrare il suo lavoro e la sceneggiatura del film, firmata anche da Matt Greenhalgh (già autore di Nowhere boy e Control), sulla controversa relazione d'amore tra Amy e quello che è stato suo marito Blake Fielder-Civil, oltre che sulla connessione tra suddetta relazione e la musica che Amy ha scritto e prodotto in quell'arco di tempo, tra felicità sconfinata e fortissima sofferenza.

Back to Black: un racconto con il freno a mano tirato

Il contenuto del film è stato ricavato dalle molteplici interviste rilasciate dall'artista e dai testi delle sue canzoni, anziché da articoli e libri non autorizzati che trattano della sua vita senza il suo coinvolgimento.

La Amy (Marisa Abela) sullo schermo dovrebbe mostrarsi attraverso le sue canzoni, sono i testi da lei scritti a raccontare la storia più degli eventi stessi ma il risultato è debole, fiacco, sembra che tutta la narrazione sia ovattata, filtrata in un modo attraverso il quale non emerge la vera essenza della protagonista, una ragazza dalle mille sfaccettature caratteriali e con un talento enorme che viene mostrato in minima parte.

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Immagine fotografata

L'intento dell'opera era quello di andare a fondo, oltre tutti i pregiudizi e le dicerie sul conto di Amy, raccontando la donna oltre il personaggio ma in realtà la vera impressione che si ha guardando Back to Black è che ci stiano raccontando troppo poco della storia di Amy, o forse non la parte giusta, quella che valeva la pena narrare.

Il focus dovrebbe essere improntato sulla tormentata e intensa relazione tra Amy e Blake Fielder-Civil interpretato da un credibile Jack O' Connell, ma anche quella parte, essenziale anche per la stesura del suo album di incredibile successo Back to Black, è trattata in modo approssimativo, superficiale. Con dei momenti intensi, si, ma stemperati bruscamente da scene realizzate male e dialoghi poco credibili.

Il rapporto con la famiglia: presente nella narrazione ma approssimativo

La dipendenza dall'alcol, il difficile rapporto con i genitori e i DCA sono argomenti che nel dolore hanno comunque segnato inevitabilmente la vita e la carriera di Amy Winehouse ma nel film di Sam Taylor-Johnson sono accennati con una narrazione che vuole apparire delicata ma in realtà è blanda, senza che ci sia una vera introspezione.

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Il padre, Mitch Winehouse interpretato da Eddie Marsan non ha ruolo ben definito, è una figura che ci viene mostrata velatamente, non prende mai una posizione netta rispetto a ciò che accade alla figlia davanti ai suoi occhi, appare in parte premuroso in parte indifferente. Nella reale storia della cantautrice la figura paterna ha influito molto più (negativamente) di quello che appare nel biopic.

Una parte che risulta interessante e raccontata in modo più sentimentale e diretto, un aspetto meno conosciuto della vita di Amy Winehouse, è la sua relazione significativa con la nonna Cynthia, interpretata da Lesley Manville. Un'ispirazione e un punto fermo, saldo nella vita e nella crescita di Amy, anche nell'influenza musicale.

Marisa Abela: la voce e il volto di Amy in questo biopic

Quando Sam Taylor-Johnson ha visto Marisa Abela recitare nella serie televisiva della BBC Industry, ha capito di aver trovato la sua Amy. L'attrice ventisettenne, originaria del nord di Londra la interpreta dall'età di 17 anni fino ai 27. È lei a dare voce a tutte le canzoni nel film, svolgendo un ottimo lavoro, pur rimanendo ovviamente distante dalla straordinaria Amy.

Abela ha seguito lezioni di canto quotidianamente per due ore e mezzo, per un totale di quattro mesi. Ha collaborato strettamente con il produttore discografico Giles Martin per cercare di emulare lo stile vocale di Amy.

Il risultato è sicuramente buono e Marisa Abela ci ha regalo una buona performance sia attoriale che canora, risultando credibile nei panni di Amy, ma soprattutto convincente. Il problema di fatto della pellicola non è nella scelta della sua protagonista, ma della stesura di una sceneggiatura che non ha saputo dare il giusto rilievo alla donna della quale si sta raccontando la vita tra la disperazione, la gioia e successo, accompagnata da una regia che fa il suo senza particolari lodi, anzi risultando a tratti sciatta e poco personale.

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Back to Black

Back to Black, il film biopic che racconta parte della vita e della carriera della cantautrice londinese Amy Winehouse firmato dalla regista Sam Taylor- Johnson è un'opera che non riesce nei suoi intenti. La storia di Amy interpretata dalla brava Melissa Abela, completamente centrata nel ruolo, è ridotta a piccoli frammenti che non le rendono giustizia. Sommando tutti gli elementi non ci troviamo davanti ad un brutto film ma sicuramente ad un film che è in grado di sviscerare completamente l'essenza di una persona o di un personaggio sullo schermo, ne percepiamo solo dei tratti ma lo spettatore non riesce a completare il puzzle di una storia molto più grande di quella che ci viene mostrata. Per quanto riguarda la regia, non c'è nulla che di rilevante, nessuna trovata che spicca. Per questo Back to Black resta sulla soglia della mediocrità come tanti altri biopic su personalità influenti della musica prima di lui, ma è un vero peccato.

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