Dogman, Recensione: una cruda ed emozionante favola dark
Doug padroneggia le strade e i cunicoli della sua “tana” in Dogman, il nuovo film di Luc Besson.
“Ovunque ci sia un infelice, Dio manda un cane.” Con questa citazione di Alphonse de Lamartine si apre Dogman, l'ultima opera realizzata dal regista francese Luc Besson presentata in concorso all’ottantesima edizione della Mostra Internazionale d'arte cinematografica di Venezia e approdata nei cinema da mercoledì 12 ottobre.
Dogman è la cruda e commovente storia di Douglas, interpretato dall'eccellente Caleb Landry Jones, un ragazzo segnato in modo indelebile emotivamente e fisicamente da un passato di terribili abusi, che però ha saputo andare avanti e reinventarsi costantemente, nonostante il dolore, grazie all’amore profondo che prova e riceve dai suoi più di cento cani, compagni fedeli di vita.
Nessuno esiste senza passato
La storia di Dogman prende vita sullo schermo grazie ad un’espediente narrativo certamente non originale, ma gestito magistralmente: l'incontro tra Douglas e una psichiatra (Jonica T. Gibbs), incaricata di stilare il suo profilo psicologico. Questo incontro avviene all'interno di una piccola cella in una stazione di polizia, di conseguenza ad un reato compiuto dal ragazzo, reato che lo spettatore ancora non conosce e che gli verrà rivelato solo verso la fine della pellicola.
Ad ogni domanda che la donna gli pone per poter comprendere la sua persona e la sua situazione, arriva diretta la risposta di Doug, che non si tira mai indietro e risposta dopo risposta ci viene permesso di ricostruire insieme a lui tutte le tappe della la sua vita.
Durante questo "viaggio" nella mente e nei ricordi del protagonista si viene completamente immersi all'interno di una favola dark, capace di incantare nonostante la violenza e che mette a nudo attraverso la personale storia di Doug moltissime problematiche sociali, tra le quali l’emarginazione sociale e la difficoltà di fare i conti con un mondo che ti ha messo alle strette troppe volte.
Nella sua solitudine trova la forza di andare avanti e, grazie all’amore dei suoi cani, che gli sono talmente devoti da capire ogni sua parola e capaci di agire se necessario secondo il suo volere, si reinventa continuamente, mutando, cambiando colore come un camaleonte.
Doug non aveva mai fatto nulla per meritarlo, ma aveva subito e continuava a subire il male, così ha imparato a difendersi, a sfruttare ogni occasione e ogni sua capacità per poter andare avanti.
Dogman: la ballata poetica e cupa di Luc Besson
Luc Besson ha generato Dogman partendo da un'immagine, si è lasciato ispirare da un fatto di cronaca nera letto su un giornale, riguardante un bambino di cinque anni costretto a vivere in una gabbia insieme a dei cani e ha immaginato come sarebbe stata la sua vita da adulto. Da questa immaginazione è venuta fuori l'intensa, dolorosa e sopra le righe, storia di Doug.
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L'ambientazione urbana è un elemento centrale, l'intera vicenda si svolge in una città dove non sembra mai esserci il sole e che sembra essere vuota e abbandonata, nonostante sia in realtà popolata e piena di vita.
Doug padroneggia le strade e i cunicoli della sua "tana" muovendosi con la sua sedia a rotelle come un vigilante, un uomo che sa esattamente dove andare e che conosce alle perfezione la direzione in cui muoversi, una figura vicina a quella di un eroe.
A tratti rassicurante, ma che inevitabilmente attira verso di se una serie di situazioni pericolose e disturbanti.
La regia di Luc Besson si adatta perfettamente a tutto lo scenario di questa ballata dark da lui costruita, interpretata magistralmente da uno strepitoso ed eclettico Caleb Landry Jones, non ancora molto conosciuto attore svedese che ha saputo trasmetterci tutte le emozioni di Doug e incantarci con le sue interpretazioni musicali in drag. La camera non è mai invasiva all'interno della narrazione, neanche nelle scene più action e sanguinose.
Besson non esagera mai in questa pellicola che, a onor del vero, nonostante sia un lavoro di pregio, non è priva di difetti. La costruzione del racconto funziona nei suoi intenti, ma risulta didascalica in alcuni frangenti e l'incredulità dello spettatore viene sospesa per colpa della resa di alcune scene fin troppo surreali.
Il racconto e la messa in scena di Dogman nel complesso sono così coinvolgenti che l'attenzione si canalizza totalmente su questi due elementi e che, per la maggior parte della sua durata, risulta facile sorvolare sui suoi difetti.
8
HyRankDogman
Dogman, l'ultimo lavoro firmato dal regista francese Luc Besson, è una pellicola cupa e dolorosa di forte impatto emotivo. Una ballata dark che si svolge tra ambientazioni urbane e palcoscenici, il racconto forte, ma allo stesso delicato, della vita di un ragazzo che ha conosciuto solo il dolore e ha costruito il suo mondo tassello dopo tassello sulle uniche cose sulle quali poteva contare: le sue abilità e l'amore verso i suoi cani. Un amore sconfinato che è l'unica reale ragione di vita del protagonista Doug, interpretato con maestria in ogni sua sfaccettatura da Caleb Landry Jones. La regia di Luc Besson, centrata e mai invasiva, accompagna il racconto assieme ad una fotografia perfettamente in linea con la storie e le sue scenografie. A onor del vero qualche difetto Dogman lo ha, ma la potenza del racconto prende il sopravvento per quasi tutte le sue due ore.