Donnie Darko, Recensione: 20 anni dopo è ancora un fenomeno
Donnie Darko ritorna in sala nella versione restaurata director’s cut. Un film che dopo venti anni continua a far parlare di sé.
Donnie Darko: una pellicola singolare ed enigmatica consacratasi come film cult. L’opera prima di Richard Kelly arriva nuovamente nelle sale cinematografiche italiane a distanza di vent’anni, soltanto il 3, 4 e 5 giugno. Un’occasione da non perdere sia per i fan del genere che per tutti coloro che hanno bisogno di una perla cinematografica da scoprire.
Solo per tre giorni Donnie Darko torna al cinema in un’edizione speciale: una director’s cut restaurata in 4K, della durata complessiva di 133 minuti (a fronte dei 113 minuti che componevano il nastro originale). Conigli mostruosi, fine del mondo, presagio della strage delle Torri Gemelle, e ancora David Lynch e Steven Spielberg mischiati con Raimi e Hughes, passando per Stephen King e Stephen Hawking. Questo è Donnie Darko. Un mistero ancora irrisolto. Un cult imperdibile.
Di che parla Donnie Darko?
Sarebbe da pazzi proporre un riassunto di Donnie Darko, ma anche avventurarsi nella stesura di una trama senza la possibilità di fare spoiler e cercando di essere presi sul serio è una vera e propria impresa. È il 2 ottobre del 1988 quando Donnie (Jake Gyllenhaal) si trova davanti ad uno spaventoso coniglio antropomorfo alto 1,80 cm che gli predice la fine del mondo. Mancano 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi. Donnie, sonnambulo, quella sera non è nella sua camera mentre il motore di un aereo precipita proprio sul soffitto della sua stanza.
Scampato il pericolo Donnie continua la sua vita da liceale problematico, introverso e turbolento in una famiglia della middle class statunitense, alla prese con un background ipocrita, conformista e bigotto. Donnie soffre però di schizofrenia ed inizia ad avere delle allucinazioni, entrando in contatto con il coniglio Frank. Tra una visione e l’altra, inframmezzate dalle sedute dalla psicologa, Donnie scoprirà i viaggi nel tempo e i varchi spazio-temporali mentre la fine del mondo incombe…
La consacrazione di Christopher Nolan
Donnie Darko, ora diventato un cult, ha avuto una storia travagliata. Realizzato dal regista Richard Kelly in soli 28 giorni (come la durata della storia del film), la pellicola del 2001 fu accolta favorevolmente dalla critica al Sundance Film Festival. L’aiuto per trovare un distributore fu offerto da un giovanissimo Christopher Nolan che rimase colpito vedendo il film. Nonostante la spinta economica di Drew Barrymore (professoressa anticonformista nel film), il film fu un fiasco al botteghino, anche a causa della recente strage delle Torri Gemelle.
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Ecco che nel 2004, Richard Kelly rimise mano sul suo Donnie Darko, presentando la director’s cut al Festival di Venezia di quell’anno. Da lì un grande successo, simbolo di un’intera generazione, che non smetterà mai di far discutere.
Perché Donnie Darko è un cult?
Donnie Darko si compone di un cast che vede i già conosciuti Patrick Swayze, Mary McDonnell, Katharine Ross e Drew Barrymore grazie alla collaborazione come produttrice di quest’ultima. Accanto a questi volti, quello beffardo di un poco più che ventenne Jake Gyllenhaal pronto per essere lanciato nell’industria cinematografica hollywoodiana (insieme a sua sorella Maggie).
Poi c’è la storia travagliata appena raccontata, unita al presagio della caduta delle Torri Gemelle. E ancora una colonna sonora che vede Andrews e Jules in Mad World.
Ma soprattutto ci sono i viaggi spazio-temporale che quasi inaugurano la stagione del multiverso. Poi ci sono i wormhole tanto cari all’Interstellar di Nolan. Insomma, c’è l’influenza evidente di autori con David Lynch, ma c’è anche la creazione di un nuovo immaginario che farà parte della successiva generazione di pellicole. E in fondo, ciò che rende cult Donnie Darko è proprio l’impossibilità di dare un’interpretazione univoca alla pellicola che si conclude con un finale destinato a non avere una risoluzione.
8.5
HyRankDonnie Darko
Donnie Darko è ormai un cult. Influenzato da Lynch, Spielberg, Raimi, King e Hawking, inaugura una nuova generazione di pellicole. Fenomeno e mito, con un finale che, anche dopo vent’anni, continua a far chiacchierare. La versione restaurata è imperdibile.