Emily in Paris 3, Recensione – Leggerezza o frivolezza?
È ora disponibile su Netflix Emily in Paris 3, con tanti nuovi outfit e troppi clichè.
Emily in Paris ha debuttato su Netflix con la sua terza (e sicuramente non ultima) stagione il 21 dicembre, un anno esatto dopo la seconda. Anche questa volta, la serie sulla famosa americana trapiantata a Parigi è slittata in vetta alle classifiche mondiali della piattaforma, complice anche il periodo natalizio in cui viene rilasciata. La serie, creata e prodotta dal pluripremiato Darren Star (Sex and the city), ci vede da ormai tre anni impegnati a seguire le vicissitudini lavorative e amorose di Emily, una frizzante e sbarazzina americana interpretata da Lily Collins, alle prese con i sovrabbondanti luoghi comuni della Francia.
Il binomio Parigi-moda è ormai il punto di forza su cui si basa da sempre la serie televisiva: la romantica capitale francese e i suoi cliché sono il panorama perfetto per gli outfit sgargianti e stravaganti di Emily. Lo stile dei personaggi, pilastro delle tre stagioni, si deve alla costumista, Patricia Field, che ha già lavorato in Sex and the city contribuendo a rendere iconico il personaggio di Carrie Bradshaw. Un altro elemento fondamentale che contraddistingue Emily in Paris è la spensieratezza unita allo spirito leggero. La formula della terza stagione è sempre la stessa, ma la trama a tratti sembra farsi più scarna e superficiale con colpi di scena che però giungono soltanto alla fine. Ma procediamo con ordine…
Emily in Paris 3: la stagione delle grandi scelte
Emily in Paris 3 vede la protagonista davanti ad una scelta in primis lavorativa. Nel finale della seconda stagione, Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu) aveva lasciato Savoir per mettersi in proprio, estendendo la proposta anche a Luc (Bruno Gouery), Julien (Samuel Arnold) e Emily. Nel frattempo a prendere le redini dell’azienda era giunta Madeline (Kate Walsh) da Chicago, decisa anche a riportare in patria la stessa Emily. Quindi quest’ultima si trova davanti ad un bivio: tornare a Chicago e riprendere a condurre la vita americana di un tempo o continuare il suo sogno francese?
Ma le decisioni non sono finite qui: sul piano sentimentale oscilla tra Gabriel (Lucas Bravo) chef e vicino di casa nonché primo amore di Emily, e l’avvocato inglese Alfie (Lucien Laviscount). All’inizio della terza stagione vediamo la protagonista finalmente felice con Alfie, mentre lo chef è impegnato in una relazione con Camille (Camille Razat), ma questa situazione di apparente equilibrio non sarà destinata a durare a lungo. Si potrebbe definire Emily in Paris 3 la stagione delle grandi decisioni e la citazione di Sartre del primo episodio appare come una chiave di lettura anche del finale di stagione: “anche quando decidiamo di non scegliere facciamo una scelta”.
Una rom com troppo spensierata
Emily in Paris, fin dal suo debutto, aveva fatto storcere il naso di gran parte della critica, classificandosi per i più come un prodotto Netflix di serie B, commerciale e stereotipato. La verità è che la serie non ha mai preteso di essere intricata o cerebrale. Siamo di fronte ad una romantic comedy che vuole portare un po’ di serenità e leggerezza in chi la guarda.
Ti potrebbe interessare:
Bisogna pertanto guardarla in quest'ottica e apprezzarla proprio perché in questo raggiunge il suo obiettivo. I cliché dei parigini e della Francia in generale sono poi da considerare anche come un terreno fertile per creare gag e battute ironiche; così come l’eccessivo romanticismo di Parigi è necessario per farci sognare la vita “perfetta” di Emily tra croissant e baschi rossi.
Tuttavia Emily in Paris 3 cade spesso nel banale e la leggerezza a tratti diventa una nota dispregiativa. Emily ha difficoltà a compiere grandi scelte: basti pensare che, pur di non decidere tra Sylvie e Madeline, all’inizio opta per il doppio gioco per saziare il suo desiderio di tenere tutto sotto controllo; il problema è che, anche quando sceglie, tutto va per il meglio e le difficoltà si risolvono immediatamente. Purtroppo la terza stagione (ad eccezione degli ultimi due episodi) non ci offre nulla di nuovo e aggiunge poco ad una storia già satura e fin troppo patinata. I colpi di scena, infatti, ci sono ma arrivano troppo tardi e non bastano a stupirci perché vengono trattati in maniera frettolosa.
Più pubblicità che trama
Anche i personaggi secondari sono indaffarati sentimentalmente, da Camille, innamorata dell’artista greca Sofia, a Mindy, impegnata col ricco imprenditore Nicolas. Tutti i personaggi sostanzialmente gravitano attorno a Emily, anche Lui ha più spazio in questa stagione proprio perché aiuta la protagonista in varie circostanze. Oltre a Lily Collins, ormai sempre più a suo agio nei panni (o meglio nei vestiti) eccentrici di Emily, anche Sylvie e Madeline sono spumeggianti.
Kate Walsh rende il suo personaggio volutamente macchiettistico, proprio per contrapporsi alla serietà e alla sensualità di Philippine Leroy-Beaulieu. Anche lei però sembra non trovare una stabilità, lasciando il compagno fotografo appena arriva il marito e dimenticandosi di lui come se la loro relazione (costruita nella stagione precedente) non fosse mai esistita. Anche in ciò emergono le crepe della sceneggiatura.
Nota dolente anche l’eccessivo product placement che invade alcuni episodi di Emily in Paris 3. Ad esempio, nel primo episodio, la presentazione della McBaguette trasforma la pubblicità in una pubblicità chic del nuovo panino del McDonald’s. Insomma, passare dalle baguette di Fendi a queste altre baguette è un po’ una caduta di stile… Tuttavia i look sempre più iconici e la romantica cornice parigina ci fanno spesso dimenticare queste carenze.
6
HyRankEmily in Paris 3
Emily in Paris è una serie leggere che ti fa sorridere e sognare. La terza stagione ha però una trama debole e a tratti risulta ripetitiva. Questo è l'anello debole di una stagione che ancora una volta ci mostra costumi sgargianti e una Parigi edulcorata