Dentro l’estetica di The Bear: come la fotografia definisce il gusto

Dentro l’estetica di The Bear: come la fotografia definisce il gusto

The Bear ha conquistato l’attenzione del pubblico non solo per la sua narrazione intensa, ma anche per il modo in cui rappresenta il mondo culinario attraverso immagini che trasmettono autenticità, intimità e tensione. Per farlo con la sensibilità che lo contraddistingue, lo show di casa FX sfrutta in particolare un montaggio frenetico che sa tanto di passione e Chicago ed una fotografia indistinguibile, ma come?

Analizziamo la fotografia di The Bear, ponendo la serie tv sotto una lente. Letteralmente.

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L'estetica visiva di The Bear

Fin dalla prima stagione, The Bear si distingue per la sua estetica cruda e realistica, che cattura l'essenza caotica e allo stesso tempo artistica della cucina di un ristorante. La serie si ambienta in un piccolo ristorante di Chicago e riesce a trasmettere non solo il ritmo frenetico delle cucine professionali, ma anche l’umanità dei personaggi. Il punto di maggiore interesse e profondità, infatti, si trova nel comprendere come possono raggiungere un equilibrio la sensibilità dei singoli personaggi con la meccanicità di un mestiere che richiedere un tempismo quasi robotico e a tratti disumano.

Il nodo viene sciolto da alcune scelte visive intelligenti, che prediligono inquadrature ravvicinate e dettagli alternate a momenti di staticità, in modo da elevare le prime ed enfatizzare la claustrofobia, il calore e l’intensità del lavoro del protagonista, Carmen "Carmy" Berzatto, interpretato da Jeremy Allen White.

Fotografia e illuminazione

Uno dei tratti distintivi della fotografia di The Bear è la sua estetica che ricorda quella di ambito documentaristico. La fotografia, infatti, appare sporca e reale, grazie anche alla predilezione di luci soffuse, spesso provenienti da fonti naturali o da luce ambiente, come neon o lampade da cucina.

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Il momento vissuto dai personaggi è delineato da un diverso utilizzo di luce calda e luce fredda: spesso le scene in cucina sono più scure, con luci più nette e dirette che accentuano i volti stanchi e sudati dei personaggi, accentuandone l'oppressione e la pressione, mentre altre scene più intime e personali sono illuminate in maniera più calda e avvolgente, lasciando emergere le vulnerabilità e l'umanità dei soggetti.

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    Quali obiettivi vengono utilizzati in The Bear?

    La camera utilizzata in The Bear è la Arri Alexa Mini LF, su cui sono stati montati degli obiettivi di Panavision, in particolare le lenti sferiche Panavision H Series. Queste lenti si distinguono per il loro look che richiama la pellicola, con una certa morbidezza nelle zone della pelle, ma con una nitidezza precisa sugli occhi e una resa delicata dello sfocato. Il direttore della fotografia di The Bear, Andrew Wehde, apprezza come queste lenti riescano a mantenere la qualità ottica anche quando sono a tutta apertura, il che è fondamentale data la sua preferenza per un'illuminazione minimal.

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    Per la seconda camera, invece, Wehde ha impiegato un'ottica zoom Panavision 11:1 Primo, spesso a 400 mm, per catturare inquadrature di transizione e dettagli che potessero essere usati in post-produzione, per riprodurre sempre l'energia dinamica della cucina.

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    Il mix tra camera a spalla e inquadrature statiche

    Un altro elemento caratteristico di The Bear è il movimento della camera. In molte scene si fa uso di camera a spalla, che offre una sensazione di dinamicità e urgenza. Questo tipo di ripresa, unito all'uso di obiettivi grandangolari, mette lo spettatore nel cuore dell’azione, facendolo sentire come se fosse all'interno della cucina, circondato dal caos e dall'intensità del lavoro. Quando la camera si ferma, invece, spesso in momenti più emotivi o personali, l’effetto è ancora più potente, segnando una pausa nel ritmo e dando respiro sia ai personaggi che agli spettatori.

    In fin dei conti, la vera forza di The Bear è qui, tra i momenti di grande caos e i lampi di pericolosa calma.

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