Falcon Lake, Recensione – Fascino e dramma dell’adolescenza

Il 26 novembre al Torino Film Festival è avvenuta la prima ufficiale di Falcon Lake, primo lungometraggio della regista canadese Charlotte Le Bon.

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La sera del 26 novembre al Torino Film Festival è avvenuta la prima proiezione ufficiale di Falcon Lake, primo lungometraggio di finzione della regista canadese Charlotte Le Bon. La pellicola, nata dalla collaborazione tra Cinefrance e Ley Line Entertainment (Everything Everywhere All at Once), è un libero adattamento della graphic novel Une sœur di Bastien Vivès ed era già stata presentata alla "Quinzaine des réalisateurs" del Festival di Cannes 2022.

In Falcon Lake Le Bon riesce a confermare quanto di interessante si era visto nel suo cortometraggio d'esordio Judith Hotel, proponendo un'idea di cinema stratificata e complessa, inserita tuttavia in una trama molto semplice, il cui intento è quello di spiazzare continuamente lo spettatore. Falcon Lake riesce ad essere divertente ed inquietante allo stesso tempo, offrendo molteplici sfaccettature sul travagliato periodo adolescenziale.

Un teen movie atipico

Il film si apre con lunghe sequenze in camera car, soffermandosi spesso sui cupi paesaggi di un lago all'imbrunire. A viaggiare è un timido ragazzino di 13 anni di nome Bastien (Joseph Engel) che, esattamente come la Chihiro de La Città Incantata di Hayao Miyazaki, dopo un interminabile tragitto in auto giunge in una baita isolata, dispersa tra i boschi del Québec. Inizialmente annoiato, la sua vacanza ha una svolta quando conosce la giovane e bizzarra Chloé (Sara Montpetit), di pochi anni più grande di lui.

La struttura di Falcon Lake ricalca apertamente quella di un comunissimo teen movie, riproponendo volutamente una serie di cliché che sembrano restituire una sgradevole sensazione di "déjà vu". Al contrario di quanto si possa pensare, le attese dello spettatore vengono appositamente disattese grazie ad un'azzeccata commistione di horror e mystery, che riescono a dare freschezza e vivacità ad una storia altrimenti soporifera.

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Falcon Lake, l'adolescenza e la solitudine

Il punto focale della pellicola consiste sicuramente nel volgere lo sguardo sul difficile e tormentato periodo adolescenziale. Il punto di vista del film è affrontato attraverso gli occhi dei due giovani, abbandonati in un mondo ostile senza la guida autorevole di un genitore. Gli adulti presenti nel film sono evanescenti, figure prive di un volto e di un proprio peso specifico, incapaci di dare un supporto morale o di comprendere la fase di transizione che stanno attraversando Chloé e Bastien.

L'utilizzo della componente mystery è ben dosato e per nulla fuori contesto. Viene anzi sfruttato per alimentare il senso di solitudine e inadeguatezza che i due protagonisti affrontano quotidianamente, che si tratti di un fantasma inventato oppure di uno spettro dell'inconscio. Non è un caso se entrambi, seppur in modi differenti, provino repulsione verso gli altri adolescenti o un certo disagio ad avere rapporti sociali. Eppure anche dall'isolamento è presente una via di fuga: basta compiere azioni considerate strane o addirittura inquietanti, come mordersi la mano fino a sanguinare, per poter vedere nell'altra persona un punto di arrivo, un legame tanto desiderato e così difficile da ottenere.

Il finale a libera interpretazione è la giusta chiusura per un'opera prima affascinante, certamente non priva di difetti, ma che ben si identifica con l'idea di un cinema stratificato e divertente, in cui il superamento delle proprie paure si trasforma magicamente in una sensazione di libertà: la possibilità di amare.

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Falcon Lake riesce ad essere un teen movie divertente ed inquietante al tempo stesso, volgendo in particolar modo lo sguardo sul complesso e tormentato periodo adolescenziale. Il finale a libera interpretazione è la giusta chiusura per un'opera prima affascinante, certamente non priva di difetti, ma che ben si identifica con l'idea di un cinema ricercato e per nulla prevedibile

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