Gris – Recensione Ps4
Gris. Abbiamo già scoperto quanta potenza visiva e narrativa sia racchiusa in questo titolo, rilasciato lo scorso anno su PC. Oggi, 26 novembre 2019, Nomada Studio e Devolver Digital ritornano, per raccontarci questa delicata storia anche su PlayStation 4. È possibile assistere, stavolta, ad un importante aggiornamento in termini di risoluzione grafica, in cui si […]
Gris. Abbiamo già scoperto quanta potenza visiva e narrativa sia racchiusa in questo titolo, rilasciato lo scorso anno su PC. Oggi, 26 novembre 2019, Nomada Studio e Devolver Digital ritornano, per raccontarci questa delicata storia anche su PlayStation 4. È possibile assistere, stavolta, ad un importante aggiornamento in termini di risoluzione grafica, in cui si potrà beneficiare del 4K, per chi è in possesso di una Ps4 Pro.
Gris è un indie di genere platform con una sensibilità ed una ricerca estrema. Il “Grigio” menzionato mostra, attraverso la protagonista, una profondità abissale e spaventosa. Quando un doloroso ed inaspettato evento distrugge l’essere, ci si ritrova inevitabilmente a fare i conti con quest’ultimo in un viaggio introspettivo non privo di altro malessere. Eppure, vi è ancora la speranza.
Grigio
Un canto soave, improvvisamente spezzato ed un crollo, emotivo e nel vuoto. È così che comincia questo viaggio, dopo essersi lasciata andare, dapprima sorretta sul palmo di una figura in pietra dalle somiglianti fattezze, si rialza in uno scenario monocromatico. Tuttavia, è proprio lei, con i suoi capelli dal brillante verde acqua a spiccare. Soli e senza alcun indizio sul da farsi, non resta altro che fare i primi passi.
Artisticamente è una perla rara. Gli ambienti, dall’impronta minimale, si arricchiscono di volta in volta di dettagli mai eccessivi o banali. Il disegno è caratterizzato da tratti sottili ed ampie campiture acquerello. La protagonista, seppur esile, è vestita dalle morbide ed ondeggianti animazioni del suo abito conferendole, oltre i capelli, un carattere distintivo.
Dolore e Colore
In Gris, il dolore viene letteralmente approfondito per essere trasferito su schermo sottoforma di una serie di “dipinti”. Dietro tutto questo c’è lo studio della psichiatra svizzera Elisabeth Kubler-Ross, le cui teorie sulla perdita vengono qui rappresentate: negazione, rabbia, contrattazione (o speranza), depressione, accettazione. Infatti, contrariamente a quanto faccia auspicare il titolo, i colori dominano l’intero mondo di gioco ed ognuno non farà altro che arricchirlo, pur conservando l’individualità delle fasi. Molte scelte estetiche, attraverso questi percorsi particolarmente introspettivi, colpiranno gli animi più sensibili tanto da mozzare il fiato.
Passo dopo passo
Sebbene il gameplay sia ridotto al minimo indispensabile, non sentiremo la mancanza di altri elementi. Pochi “strumenti”, ma efficaci per la risoluzione di puzzle permeati dalla semplicità nell’esecuzione. Una semplicità con la nobile intenzione di un racconto dal ritmo costante ed incalzante. L’obiettivo primario consiste nella ricerca di piccole sfere luminose, molto probabilmente stelle e dopo averne ottenute un determinato numero, di volta in volta verranno utilizzate per edificare percorsi simili a costellazioni in cielo. Inoltre, per i giocatori più pazienti e curiosi, vi sono percorsi alternativi da scovare, al fine di raccogliere i cosiddetti collezionabili, presenti in diverso numero per ogni sezione di gioco.
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Un’avventura grafica a scorrimento laterale, dove la costruzione dei percorsi e la brillante idea di giocare su profondità, verticalità e sfumature differenti, rendono l’ideazione stessa dei luoghi, utili punti d’interesse. Camminare in una direzione e nell’altra o semplicemente saltare, acquisteranno una reale utilità oltre al fatto che, avanzando nella storia, avremo modo di sbloccare nuove “abilità”.
Ciononostante, potrebbe presentarsi l’occasione in cui la costruzione stessa degli spazi sia il mezzo per proseguire, senza avere bisogno di fare affidamento alle abilità acquisite. Efficace ed elegante, ad esempio, l’idea di dividere lo schermo orizzontalmente da una linea immaginaria, in cui poter sfruttare zone con gravità opposta. Oltretutto parliamo di un universo introspettivo in cui costantemente avviene un cambiamento, mostrandosi attraverso scenari che sembra reagiscano al nostro passaggio.
L’essenziale è invisibile agli occhi
Nessun narratore, nessun elemento testuale che ci introduca o conduca in questa esperienza. Incantevole lo studio del suono, che si riferisca ai semplici passi su terreni differenti, o alle note del vento e dell’acqua, tutto è in perfetta sintonia con gli spazi circostanti. Costante è, invece, la presenza di brani perlopiù composti dalle note di un pianoforte e di violini, scaldate da un’innocente ed eterea voce femminile, con l’alternanza di toni decisamente più incalzanti. Queste composizioni prodotte dalla band Berlinist, mirano dritte al cuore e sono senza ombra di dubbio, assieme alla piacevolezza dell’estetica visiva, uno degli elementi che dipingono meglio l’essenza di Gris.