Io sono la fine del mondo, Recensione: lo humor giusto nel contesto sbagliato?
Io sono la fine del mondo, il primo film di Angelo Duro, è un esperimento interessante, ma poco riuscito. L’habitat naturale di questa comicità è un altro.
Dopo aver collaborato con comici di grande successo come Checco Zalone e Pio e Amedeo, il regista Gennaro Nunziante ha scelto di lavorare con Angelo Duro, comico siciliano noto per il suo stile irriverente e politicamente scorretto, in Io sono la fine del mondo. Nunziante, celebre per aver scritto e diretto film di successo come Quo Vado? e Il Vegetale, ha cercato di trasportare l'umorismo tagliente e provocatorio di Duro in un contesto cinematografico, mantenendo la sua formula abituale: scrivere una sceneggiatura assieme al protagonista per non snaturare il personaggio, quanto piuttosto di immergerlo in una narrazione più ampia.
Tuttavia, il cinema non è matematica e non sempre la stessa formula, applicata a personaggi diversi, funziona allo stesso modo. Il comico palermitano ripropone sul grande schermo il personaggio cinico e insensibile che lo ha reso celebre, ma che inserito in una narrazione cinematografica non rende quanto al di fuori.
Io sono la fine del mondo, di cosa parla il film di Angelo Duro?
La storia ruota attorno ad Angelo, un uomo disilluso e insensibile che lavora come autista notturno, accompagnando adolescenti ubriachi dalle discoteche a casa. Un giorno, la sorella, stanca di occuparsi da sola dei genitori anziani, lo contatta per chiedergli di darle il cambio, permettendole di partire per una vacanza. Inizialmente riluttante, Angelo accetta solo quando la sua macchina si rompe e decide di tornare a Palermo, non per aiutare i genitori, ma per vendicarsi di tutte le limitazioni e costrizioni subite durante l’infanzia.
Nonostante una trama leggera e paradossale, Nunziante cerca di affrontare temi sociali delicati, come il rapporto conflittuale tra figli e genitori anziani e la gestione degli ultimi atti di vita di questi ultimi.
Una comicità che performa meglio altrove
Il film si fonda sul tipico repertorio comico di Angelo Duro: battute scomode pronunciate con un’espressione imperturbabile. I suoi bersagli sono i più disparati, dagli adolescenti a chi è in sovrappeso, ma soprattutto i suoi genitori. La comicità di Duro non risparmia niente e nessuno ed è chiaro che bisogna essere aperti a questo tipo di umorismo, divenendo una questione anche molto soggettiva.
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Tuttavia, mentre questo stile trova la sua comfort zone in sketch o monologhi teatrali, perde forza in un lungometraggio. Il personaggio rimane intrappolato nel suo personaggio, senza mai compiere una vera evoluzione. Anche le situazioni più drammatiche, come il confronto con i genitori, perdono della loro spinta emotiva. Nonostante Nunziante ci provi, la comicità di Angelo Duro è meno versatile rispetto a quella di comici come Checco Zalone e trova più difficoltà ad applicarsi al contesto. A volte, non è una questione di cosa sia migliore o peggiore, ma del medium in cui questa si esprime meglio.
Eppure, Io sono la fine del mondo è primo al box office, senza un marketing "spendaccione" e con TikTok invaso da utenti che mostrano apprezzamento per il film. Probabilmente questi dati non vogliono dire nulla, ma non possono non essere quantomeno citati.
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HyRankIo sono la fine del mondo
Io sono la fine del mondo rappresenta un esperimento interessante, ma non completamente riuscito, nel tentativo di portare l’umorismo tagliente di Angelo Duro sul grande schermo. Sebbene affronti temi rilevanti con una prospettiva dissacrante, manca quella scintilla capace di trasformare un’idea brillante in un’opera compiuta, forse proprio a causa di un umorismo non adatto ad un contesto cinematografico.