Licantropus, Recensione – L’espressionismo Marvel
La recensione di Licantropus (Werewolf by night), il mostruoso ed inedito speciale targato Marvel Studios
In occasione del mese più spaventoso di tutti, i Marvel Studios si lasciano andare a Licantropus, uno speciale horror ispirato ai film anni '20 - '30 e, più nello specifico, all'espressionismo tedesco, da Nosferatu a Il gabinetto del dottor Caligari. La fase 4 del Marvel Cinematic Universe si conferma quindi come la fase più sperimentale vista fin qui e, seppur non sempre i risultati siano stati soddisfacenti, è apprezzabile la voglia degli Studios di mettersi in gioco.
La caccia è aperta
Ulysses, proprietario di una magica pietra chiamata Bloodstone, viene a mancare, e si deve decidere a chi andrà la sua eredità. Vengono quindi riuniti nella sua magione alcuni dei più famosi cacciatori di mostri, tra cui Elsa, figlia di Ulysses ripudiata per aver scelto un altro stile di vita, e Jack, uno dei cacciatori con più uccisioni sul curriculum.
Per determinare chi tra gli aspiranti alla Bloodstone potrà ottenere l'eredità, si organizza una caccia senza esclusione di colpi: la pietra viene custodita da un mostro ed il primo dei cacciatori che riuscirà ad ucciderlo, impadronendosi della pietra, vincerà.
Un viaggio nel tempo
Uno degli aspetti più positivi di Licantropus è, senza dubbio, la possibilità di far conoscere ed appassionare nuove generazioni ad un filone cinematografico sconosciuto allo spettatore medio. Quindi, aldilà della riuscita del prodotto di cui parleremo tra poco, andrebbe fatto un plauso alla Marvel per la voglia di sperimentare e stupire, cercando in qualche modo di alzare l'asticella dei propri prodotti e del proprio pubblico.
La sceneggiatura basica ed elementare del film ha due rovesci della medaglia e, se da un lato il film funziona proprio per la sua semplice scrittura, dall'altro lascia qualcosa a desiderare. La prevedibilità di Licantropus, in questo senso, è un elemento che non rende giustizia alla qualità complessiva del prodotto e, con qualche idea in più, si sarebbe potuto puntare ad un maggiore spessore narrativo.
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La prima fase del film è decisamente più lenta rispetto alla seconda e, può piacere o meno, questo è un elemento riconducibile al filone cinematografico a cui si ispira Licantropus. Stessa cosa per quanto riguarda i dialoghi, che durante la caccia sono spesso assenti, immergendo lo spettatore nelle ambientazioni di pellicole anni '20 - '30, solite utilizzare silenzio e rumori come parte fondamentale dell'opera.
Giacchino non smette di sorprendere
Forse ricorderete Michael Giacchino per le sue incredibili colonne sonore, vincitore di ben due Oscar nella rispettiva categoria nei casi di Up e Ratatouille. Nel caso di Licantropus, di cui è sia il compositore che il regista, continua a sorprendere per il suo poliedrico talento. Difatti, il film segna il suo esordio in cabina di regia e, per essere appunto la sua prima volta dopo anni dedicati agli strumenti musicali, si può essere più che soddisfatti.
Regia che si sposa bene con una fotografia in bianco e nero quasi sempre ottima, soprattutto per il filone cinematografico che si voleva perseguire. In più, lo stesso bianco e nero risulta essere funzionale al film per mascherare alcuni difetti di CGI, non sempre perfetta. Ottimo invece il design dei mostri e del trucco di Licantropus, che rimanda in modo diretto ai film dell'epoca.
Un ruolo inedito anche quello dell'interprete di Jack, Gael García Bernal, attore messicano estrapolato dal teatro grazie a Alejandro González Iñárritu. Per l'attore era la prima volta in un ruolo mainstream di questo tipo e speriamo, dato il suo talento, che questo possa aprirgli le porte ad una fama ancora maggiore. Bene anche Laura Donnelly e Harriet Sansom Harris nei rispettivi ruoli di Elsa e Verusa. Un peccato invece non aver esplorato nessuno degli altri personaggi ed interpreti di Licantropus, che risultano essere solo una comparsa.
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