Mank – Il ritratto di Hollywood nel nuovo capolavoro di David Fincher

Recensione del nuovo film Netflix, Mank, diretto da David Fincher. Disponibile sulla piattaforma il 4 Dicembre.

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Qualche giorno fa, il 4 Dicembre 2020, Netflix ha reso disponibile il nuovo film di David Fincher, Mank.

Ambientato durante la golden age americana, racconta la realizzazione di Quarto Potere di Orson Welles.

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Trama - di chi è Quarto Potere? (spoiler)

Mank è la storia di Herman J. Mankiewicz (Gary Oldman), ex giornalista e critico teatrale, e del suo via vai tra le varie compagnie cinematografiche nei 10 anni passati a Los Angeles. Una vita di alti e bassi, dalle fumose writers room in cui si discuteva della nascita di varie pellicole al declino causato dall'alcool.

Conosciuto per il suo estro e capacità di inventiva, Mankiewicz viene scelto dal ventiquattrenne Orson Welles, come sceneggiatore del suo primo film. La tipologia di contratto era diversa dalle altre: in un'epoca di censure e limitata creatività, quello di Welles era il primo lungometraggio libero e senza vincoli di trama.

Herman nel corso della storia ha un incidente d'auto e lontano dalla moglie, la "povera Sara", mette giù la nuova opera in una tenuta privata. Il protagonista però viene sottoposto a varie pressioni: il poco tempo disponibile, le ansie del collaboratore di Welles, John Houseman, e le chiamate dal regista stesso.

Lo stile tipicamente hollywoodiano di Mank

Seppur Mank sia un film moderno è girato in bianco e nero ed è capace di immergere lo spettatore in un determinato periodo storico, quello degli anni '30. Infatti, dettagli importanti come le inquadrature, i movimenti di camera tipici del cinema classico e le musiche retrò composte da Trent Reznor e Atticus Ross rendono il film estremamente realistico.

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Da tener presente sono alcuni trucchetti ad effetto come le finte bruciature sulla pellicola e l'uso di vecchi microfoni per rendere il suono più ovattato e poco preciso. Inoltre, Mank si presenta allo spettatore con cambi di scena tra un flashback e l'altro, con delle didascalie accompagnate dal rumore delle dita sui tasti della macchina da scrivere. Un film strutturato come una sceneggiatura.

La figura di Orson Welles e i parallelismi tra pellicole

Impossibile non notare le pochissime apparizioni di Tom Burke nei panni del regista di Quarto Potere e la domanda viene da sé: se la storia si concentra sulla sceneggiatura del film che ha segnato il passaggio dal cinema classico, perché Welles viene quasi posto in secondo piano?

Questa scelta potrebbe risultare confusionaria, e da alcuni critici intesa come una "mancanza di rispetto" verso Orson Welles. Ma non è così. Lo scopo di Fincher è quello di ridimensionare il personaggio del giovane e autoritario regista, nonostante ne riconosca la grandezza, per dare spazio alle altre persone, che hanno reso il lungometraggio del 1940 uno dei più alti capolavori della settima arte.

David Fincher infatti, a sua difesa, onora Welles attraverso il modo in cui realizza la nuova pellicola originale Netflix: come in Quarto Potere, Fincher utilizza flashback e salti temporali tra presente e passato, descrivendo la vita di Herman J. Mankiewicz attraverso una narrazione non proprio lineare. La stessa cosa che fece Orson Welles quando interpretò Charles Foster Kane: la trama si apre con la morte del personaggio, ma prosegue attraverso i ricordi delle persone che lo hanno circondato.

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Durante la stesura della sceneggiatura, Mankiewicz si ispira a molti volti incontrati tra la Metro-Goldwyn-Mayer, la Paramount ed eventi galanti: uno fra tanti è William Randolph Hearst. Infatti, Hearst rispecchia le caratteristiche di Charles Foster Kane, perché entrambi erano degli editori dalle personalità complesse e dall'infinito potere mediatico.

Il rapporto tra politica e cinema

La sceneggiatura è particolarmente densa, ma soprattutto vuole rappresentare una realtà politica dell’epoca che ha delle analogie con il mondo contemporaneo. Attraverso la narrazione delle elezioni californiane del ’34 tra i due sfidanti, il socialista Sinclair e il repubblicano Merriam, Fincher parla della della potenza dei media nella nostra società e dei ragionamenti economici e politici dietro la macchina da presa, a discapito dell'arte cinematografica.

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Grazie a personaggi come Hearst, la Metro-Goldwyn-Mayer commissiona la creazione di cinegiornali, con attori nei panni di persone comuni, per diffondere fake news a discapito di Upton Sinclair. Nonostante quest'ultimo fosse portavoce di un idealismo popolare, soprattutto in un periodo come quello della Grande Depressione, il potere mediatico è stato comunque in grado di orientare le masse.

Ancora oggi, la maggior parte delle informazioni riportate dai social media sono notizie false o non verificate, riconducibili anche a dei poteri forti. David Fincher, con il suo film, crea un ponte tra gli anni '30 e il periodo odierno lasciando allo spettatore l'amara consapevolezza di una realtà che non è mutata.

Una scena è emblematica: in seguito alla vittoria di Merraim alle elezioni californiane, un caro amico di Mankiewicz che aveva realizzato i cinegiornali della MGM contro Sinclair, si rese conto di quanto una semplice clip potesse creare un enorme differenza di voti tra i due candidati. Tutto ciò, lo porta al suicidio. Mankiewicz, sentendosi in parte responsabile, inizia ad odiare quel mondo che lo aveva finanziato fino a quel momento.

La rivincita di un uomo attraverso l'ultimo capolavoro

Lo sfondo social-politico su cui si erge Mank, serve a Fincher per mostrare un punto fondamentale della storia: il creatore di Quarto Potere è uno soltanto, Mankiewicz. Prima di intraprendere un progetto così tortuoso, Herman Mankiewicz era conosciuto per la sua abilità di creare dialoghi fuori dal comune, grazie soprattutto all'avvento del cinema sonoro.

Nonostante la sua antipatia per i personaggi "potenti", continuava a frequentare le cerchie d'élite, tra cui i protetti della MGM. Purtroppo, quest'ultima non era l'unica compagnia conservatrice sulla scena hollywoodiana. Per questo motivo, quando la RKO commissiona a Welles un'opera diversa e libera, Mankiewicz decise di accettare la nuova proposta.

Herman, a causa delle carte scoperte nel suo scritto, affronta molte conseguenze e critiche. Un uomo geniale, ma allo stesso tempo dalla tendenza viziosa all'autodistruzione, dovuto al suo rapporto con l'alcool. Mankiewicz si sente intrappolato in un un mondo del quale si vergona e a cui sicuramente non appartiene: la sua sceneggiatura è una via di fuga e una rivincita dopo i tanti anni al servizio degli altri. Grazie alla testardaggine con cui difende il suo magnifico elaborato, riesce a vincere un Oscar come miglior sceneggiatura.

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Gary Oldman rende molta giustizia al personaggio, ma a circondarlo è un cast d'eccezione a partire da Amanda Seyfried nei panni di Marion Davies, l'elegante amante di Hearst, interpretato da Charles Dance. Inoltre, importante è la presenza di Lily Collins nel ruolo della dattilografa inglese Rita Alexander che aiuta Herman con il copione di Quarto Potere.

La prima bozza di Mank nasce dalle idee del padre di David Fincher, John, ed è rimasta chiusa in un cassetto per circa 30 anni prima di essere creata, in tutto il suo splendore bianco e nero. Un omaggio al padre scomparso nel 2003, dal messaggio per nulla banale: il cinema nasce da un lavoro corale e sono i meccanismi dietro le quinte a rendere certi film unici nel proprio genere.

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8.5

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Mank

Il film merita un 8.5 perché David Fincher è stato grado di immergere lo spettatore in un'epoca passata tramite i piccoli dettagli tecnici e della regia. Gary Oldman rende giustizia al personaggio di Mankiewicz, con un'interpretazione da Oscar. Mank è un capolavoro che guarda al passato per parlare del presente, basandosi su temi quali il potere dei media e il cinema come lavoro d'insieme.

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