Only Murders in the Building 2, Recensione – Un podcast in crescita

La seconda stagione di Only Murders in the Building è molto più che una semplice conferma

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Dopo il successo della prima stagione era difficile replicarsi, ma Only Murders in the Building ci è riuscito. La seconda stagione della serie Hulu Original, distribuita su Disney Plus, non solo è la conferma di un prodotto ben riuscito, completo, capace di intrattenere, intrigare ed emozionare, ma è anche un ulteriore passo in avanti rispetto alla sua stagione di esordio, dimostrando di non essere solo una fiamma dalla breve durata.

Come ne usciranno questa volta?

Sul finale della prima stagione abbiamo lasciato i tre protagonisti di Only Murders in the Building con una bella gatta da pelare visto che, come ricorderete, Mabel, Oliver e Charles sono stati arrestati per un presunto omicidio.

Ebbene, questa seconda stagione riparte proprio da qui, con le tre menti del podcast investigativo che, tra un mistero e l'altro, e tra nuove conoscenze e vecchi intrighi, sono intente a smascherare chi ha tentato di incastrarli, minando la loro reputazione ed il loro Only Murders in the Building.

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Sapersi perfezionare

Con degli interpreti come Martin Short e Steve Martin, la spina dorsale su cui poggia Only Murders in the Building non può che non essere l'intrattenimento, ma attenzione a sottovalutare la serie sotto tutti gli altri punti di vista. Il formato da trenta minuti circa degli episodi con cadenza settimanale dona allo show uno stabile equilibrio tra un intrattenimento ad alta intensità ed un trattamento profondo dei personaggi, mettendo lo spettatore nelle condizioni di potersi divertire ed emozionare in quell'unica mezz'oretta a disposizione.

Il segreto dell'equilibrio di Only Murders in the Building risiede quindi in una sceneggiatura dalle idee chiarissime, che ha ben in mente il proprio compito e la propria missione e che ha l'intelligenza di sapere quando è il momento di abbassare il ritmo per dedicarsi all'introspettiva dei protagonisti e quando invece spingere sul pedale della pura comedy. Sicuramente da apprezzare quindi il lavoro svolto da Steve Martin e John Robert Hoffman, ideatori di una serie che va ben oltre il proprio essere e che è in grado di scagionare ed analizzare sentimenti comuni ad ogni persona, come la solitudine ed il fallimento, attraverso personaggi capaci di entrare in empatia diretta con chi li guarda.

Un buono sviluppo anche quello della sfumatura crime, che per quanto appaia qualche volta esasperato ed irrealistico, riesce a tenere incollato il pubblico allo schermo. Il podcast da questo punto di vista risulta cresciuto e migliorato rispetto alla prima stagione, la quale esagerava nella complessità di alcuni girotondi narrativi utilizzati per rendere il lato investigativo più articolato. In questa seconda stagione questo aspetto viene smussato e, seppur ancora presente, non va ad intaccare l'esperienza dello spettatore.

Il fascino dentro le mura

Only Murders in the Building sorprende anche per tecnica, ed oltre alla sopra citata minuziosa sceneggiatura, si possono apprezzare anche alcune scelte registiche brillanti, di ottima intuizione e fattura, contestualizzate spesso a processi mentali introspettivi dei personaggi. Allo stesso modo però è da sottolineare la bella fotografia raffinata ed abbinata all'ambiente circostante e alle scenografie dell'Hotel Arcadia, una struttura che in questa seconda stagione diventa "viva", un personaggio a sé stante che viene esplorato nel profondo e che chissà quanti segreti potrà ancora rivelarci.

L'intero cast svolge un lavoro eccezionale, ma sono da sottolineare le performance di Steve Martin nei panni di Charles, anche ideatore della serie, e dell'inimitabile Martin Short nei panni di Oliver. Nella seconda stagione è stata introdotta anche Cara Delevingne come Alice, un personaggio che seppur non approfondito come gli altri, vanta di una interpretazione ipnotica e fascinosa.

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Un colpo dietro l'altro

Anche la seconda stagione di Only Murders in the Building non lascia spazio a prevedibilità e noia grazie al susseguirsi di colpi di scena totalmente inaspettati, conditi da misteri che diventano sempre più fitti con il passare degli episodi. Rispetto alla prima stagione, che soffriva di qualche forzatura, qui tutto viene concatenato egregiamente e niente viene lasciato al caso o al puro riempimento del minutaggio della puntata.

Lo show però è anche in grado di elevarsi ed interagire con lo spettatore, passando dai colpi di scena ai colpi al cuore. Questo perché Only Murders in the Building tocca con incredibile delicatezza alcune delle più grandi paure, e delle più grandi debolezze, comuni all'essere umano. Il senso di solitudine di Charles e la paternità di Oliver sono due esempi lampanti in questo senso di come lo show non provi solo a risolvere dei casi, ma anche delle emozioni.

Recensione senza voto

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