Palazzina Laf, Recensione: Surrealismo e denuncia sociale
Sabato 22 ottobre è stata presentato in anteprima alla diciottesima edizione del Rome Film Fest, Palazzina Laf, opera prima dell’’attore tarantino Michele Riondino (della quale è anche sceneggiatore e interprete) e che debutterà ufficialmente nelle sale cinematografiche giovedì 30 novembre. Riondino con Palazzina Laf, realizza per suo stesso dire un film che è mosso da […]
Sabato 22 ottobre è stata presentato in anteprima alla diciottesima edizione del Rome Film Fest, Palazzina Laf, opera prima dell’’attore tarantino Michele Riondino (della quale è anche sceneggiatore e interprete) e che debutterà ufficialmente nelle sale cinematografiche giovedì 30 novembre.
Riondino con Palazzina Laf, realizza per suo stesso dire un film che è mosso da intenti di denuncia e politicamente schierato. Racconta una storia della sua terra, una vicenda realmente accaduta, romanzata (seppur in minima) parte per esigenze e per scelte stilistiche, ma di certo non una storia facile.
Palazzina Laf: la storia dalla quale nasce il film
L’argomento che sceglie di trattare Riondino al suo esordio alla regia è una tematica spinosa ma attuale e che mette in luce tantissimi aspetti e problemi inerenti al mondo del lavoro e alla società nella quale viviamo.
Prima dei procedimenti relativi al disastro ambientale causato dall'impianto siderurgico di Taranto (ILVA), alcuni dirigenti dell'azienda (tra cui il presidente Emilio Riva) furono giudicati colpevoli in primo grado nel dicembre del 2001 per "tentata costrizione illegale".
Nel 1997, dodici dipendenti (che poi aumentarono a 70) furono trasferiti forzatamente in un edificio non utilizzato all'interno dell'impianto e costretti a passare la giornata senza svolgere compiti lavorativi. Questi dipendenti erano altamente qualificati e principalmente quelli più attivi sindacalmente ma soprattutto, avevano rifiutato l'offerta aziendale di svolgere mansioni e qualifiche inferiori rispetto a quelle che avevano precedentemente.
Nonostante si tratti di fatti di notevole importanza e rilevanza mediatica non tutti gli italiani conoscono la vicenda nel dettaglio o sanno l’impatto che ha avuto effettivamente su chi si è trovato a vivere quella situazione.
Riprendendo questa vicenda, sul grande schermo Riondino entra in prima persona all’interno della Palazzina Laf con il suo personaggio Caterino, un uomo che lavora all’ILVA e pare non avere ambizioni né alcun desiderio di rivolta, assiste alle morti e sembra viverle come una conseguenza del lavoro e non come una problematica relativa alla scarsa sicurezza di esso.
Caterino invidia i relegati della palazzina Laf, credendo che la loro sia la posizione migliore in assoluto siccome percepiscono uno stipendio senza svolgere alcun compito, ben presto verrà introdotto in sistema che gli permetterà di rendersi conto di ciò che succede davvero e di cambiare prospettiva ma non riuscirà tuttavia a schierarsi contro i potenti, contro chi ha distrutto il lavoro e la dignità di tante persone perché nella sua ignoranza pensa che solo appoggiando chi è più forte può risultare tale anche lui.
Ti potrebbe interessare:
Destreggiarsi tra l'impegno civile, il surrealismo e il grottesco
Michele Riondino affiancato nella stesura della sceneggiatura da Maurizio Braucci scrive un film che si muove all’interno di più dimensioni, gioca con tempo poiché inserisce elementi contemporanei volutamente nel contesto di una storia che appartiene e si svolge, trent’anni fa. Questo per sottoscrivere ulteriormente quanto sia attuale ciò che ci sta raccontando. Palazzina Laf per mezzo della fotografia delle scenografie ci riporta in un contesto urbano che non è mai del tutto accentuato perché ci vengono principalmente mostrate strade di periferia e ambienti rurali, luoghi di un tempo che sono significativi sia per il protagonista che per Riondino stesso.
Per quanto riguarda il cast e le interpretazioni, Elio Germano e Vanessa Scalera con i loro ruoli si confermano essere due ottimi caratteristi, Germano trasmette allo spettatore tutta la sporcizia e la corruzione che muovono il suo personaggio Giancarlo Basile che già dalle prime apparizioni risulta detestabile, la Scalera affascina e incuriosisce nel suo ruolo, Tiziana Lagioia, donna apparentemente fuori dalle righe ma allo stesso tempo tempo l'attrice ne trasmette tutto il disagio.
La palazzina e i suoi "inquilini" sono resi sullo schermo quasi come se si trovassero in un’altra dimensione. Tutto si muove su di un filo, giocando con il surrealismo. Quello che vediamo in realtà è un surrealismo del reale, una scelta stilistica e narrativa, che come lo stesso Maurizio Bracci ha spiegato in conferenza stampa è nata dall’esigenza di mostrare la situazione in modo che potesse restare impressa negli spettatori. Sembrerebbe tutto assurdo, ma in realtà quegli eventi sono avvenuti davvero.
Palazzina Laf è un’opera prima che sommando tutti gli elementi risulta comunque valida e ben riuscita , nei suoi intenti civili. La regia non è particolarmente degna di nota ma sono evidenti degli spunti interessanti e dei rifermenti ben calibrati che fanno presagire bene per un futuro film di Riondino. Non ci troviamo tuttavia, di fronte ad un film perfetto, anzi, in alcuni punti la narrazione perde di pathos e sembra andare in una direzione diversa, salvo poi riprendersi con un finale altamente esplicativo che mette perfettamente in luce tutti gli intenti che hanno permesso a questa pellicola di prendere vita.
Degna di nota anche la colonna sonora e il brano inedito scritto da Diodato per Palazzina Raf: La mia terra.
7
HyRankPalazzina Laf
Riportando alla luce dei fatti davvero avvenuti nella sua terra, Taranto nel 1997, l'attore Michele Riondino per la prima volta dietro una macchina da presa realizza un film di impegno civile e dichiaratamente politico. Con il contributo alla sceneggiatura di Maurizio Braucci, questo film gioca sul surrealismo del reale e mette in luce la tematica chiaramente evidenziando anche la sua totale e non ignorabile attualità. Ci troviamo davanti ad un film d'intenti esplicitati con chiarezza ma anche ad un opera che riprende molte citazioni dal cinema che siamo abituati a conoscere e fruire. Il ritmo in alcuni momenti è troppo calante ma senza dubbio Palazzina Laf merita un'occasione e una visione.