Saltburn, Recensione: una lussuriosa satira gotica
Saltburn è perdizione e perversione. Una lotta sociale raccontata da Emerald Fennell, una vera “donna promettente”.
Saltburn è la seconda pellicola diretta da Emerald Fennell che, presentata in anteprima alla 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma, si è rivelata immediatamente una perla da non perdere. Un'opera magnetica e dal romanticismo grottesco, con un lato dark ma al tempo stesso edulcorata da una fotografia patinata.
Emerald Fennell non dovrebbe avere bisogno di presentazioni. Nota come attrice per aver interpretato Camilla nella terza e quarta stagione di The Crown, si è distinta come co-scrittrice di Killing Eve. Il suo esordio alla regia per Promising Young Woman, Una donna promettente (2020), le è valso l'Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Ma con l'opera seconda arriva la grande sfida che la Fennell ha superato a pieni voti.
In Saltburn c'è un po' di tutto, da generi diversi che collimano ad attori camaleontici che riescono a mettere in mostra la loro double-face. 127 minuti totalmente ossimorici. Saltburn è un dito puntato contro la ricchezza e il lusso sfrenato, un po' alla maniera di Parasite o Triangle of Sadness, ma con quell'estetica appannata de Il talento di Mr Ripley.
Saltburn: tra perdizione e provocazione
È il 2006. Oliver (Barry Keoghan), un ragazzo impacciato e timido arriva a Oxford grazie ad una borsa di studio. Immediatamente nota Felix (Jacob Elordi), adone carismatico, idolatrato dalla maggior parte degli studenti. Completamente ammaliato dal mondo di Felix cerca in maniera ossessiva di entrare a farci parte, come una falena che guarda tutto dal vetro della finestra e insistentemente cerca di entrare, ma continua semplicemente a sbatterci contro.
Dopo una serie di coincidenze i due stringono amicizia e Felix decide di invitare Ollie per l'estate a Saltburn. Saltburn è la tenuta della famiglia di Felix, un posto dove il tempo è rimasto paralizzato e in cui è facile perdersi nella frenesia e nel lusso. Un'estate memorabile che porterà a galla diversi segreti e che rivelerà l'apparenza della classe borghese, attraverso una grottesca satira sociale.
Lotta di classe: da Parasite a Triangle of Sadness
In molti potrebbero attaccare Saltburn per la poca originalità del racconto. Dopo il successo ricevuto da Parasite, molti registi cercano di indirizzarsi verso quelle satire sociali che puntano sulla lotta di classe. Lo abbiamo visto con la bizzarria grottesca di Triangle of Sadness o anche con gli eccessi di The Menu. Sempre più frequentemente i personaggi cercano di arrampicarsi per intraprendere un'impossibile scalata sociale e ribaltare i parametri classisti per poi finire a mangiare (letteralmente) nel piatto dei "ricchi". Quindi in cosa differisce Saltburn?
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Non è la storia in sé ma il modo in cui essa viene raccontata. Emerald Fennell riesce con la sua abile scrittura a realizzare una pellicola stratificata che passa efficacemente da un livello ad un altro, con battute argute e irriverenti nella prima sezione per poi sfociare nell'horror puro e nella selvaggia eccentricità. Ciò che ci ammalia è la fotografia. Rimaniamo incantati in ogni fotogramma e ci perdiamo in un contesto atemporale. I colori e le inquadrature ci fanno percerpire il disordine mentale che collide con la finta perfezione puramente aristocratica. Il tutto incorniciato in un elegante 4:3.
Emerald Fennell è una donna promettente
Emerald Fennell riesce a mettere insieme un cast già eccezionale di per sè ma che dà il massimo grazie allo zelo della direzione artistica. Barry Keoghan, già si era fatto conoscere per Gli Spiriti dell'Isola grazie al quale era stato candidato agli Oscar come miglior attore non protagonista. Qui è al suo primo ruolo come attore principale e gli vieni affidato Oliver, un personaggio malsano che cambia maschera in maniera diabolica. C'è poi Jacob Elordi, star di Euphoria, visto recentemente nei panni di Elvis nel Priscilla di Sofia Coppola, che presta la sua possanza scenica per un personaggio che gli calza a pennello, facendosi portavoce di uno charme romantico.
A Carey Mulligan bastano neanche 10 minuti di screen-time per convincerci della sua bravura. E poi c'è Rosamund Pike, capofamiglia di questo delirio patinato, ossessionata dalla bellezza e dal lusso, esilarante e controversa.
E Emerald Fennell riesce a farci perdere con la ferocia della scrittura e la delicatezza della fotografia, in quel labirinto contorto, disturbante, grottesco e fintamente perfetto che è Saltburn.
8.5
HyRankSaltburn
Saltburn è una satira sociale grottesca con sfumature dark e gotiche e una fotografia patinata. Saltburn è un ossimoro continuo: ogni scena è una commistione di generi e ogni personaggio ha una doppia faccia. Simile per intento a quella lunga stirpe di film che hanno avuto origine da Parasite e che si scagliano contro la disparità di classi. Ma ciò che convince è il modo in cui Emerald Fennell ci racconta questa storia gotica e edulcorata. Il cast raggiunge il meglio di sé: dai protagonisti, Keoghan ed Elordi, alle parti marginali come Carey Mulligan, passando per la camaleontica Rosamund Pike. Provocatorio, selvaggio, dirompente, perverso e lussurioso. Qui Emerald Fennell mette un po' di tutto e lo incornicia in un elegante 4:3.