Speak No Evil, Recensione: Quando il Remake Sorprende e Inquieta
Speak No Evil non è un semplice remake dell’omonimo film danese del 2022, ma molto di più. Scopriamo perché.
Il 2022 ha visto l'uscita del film danese Speak No Evil di Christian Tafdrup, che ha rapidamente catturato l'attenzione nel panorama del thriller psicologico contemporaneo. Un film che si distingue per il suo stile raffinato e per il profondo focus sulla sfera emotiva e mentale, piuttosto che sui consueti meccanismi del thriller commerciale. Tuttavia, parte della critica ha ritenuto il film sopravvalutato. Questo non ha impedito, comunque, alla Blumhouse, celebre casa di produzione statunitense di film horror, di acquistare i diritti per un remake.
Non aspettatevi, però, il classico rifacimento scadente di una pellicola europea, poiché Speak No Evil, diretto da James Watkins, è molto più di un semplice remake: l'obiettivo non è stato riprodurre pezzo per pezzo la pellicola originale, ma offrire un nuovo punto di vista. Watkins, noto per la sua capacità di gestire tensione e atmosfere cupe (ricordiamo che è il regista di pellicole come The Woman in Black, horror gotico con Daniel Radcliffe), riprende la trama del film danese, ma la arricchisce con una prospettiva inedita, donando alla storia una maggiore intensità narrativa.
Speak No Evil, di cosa parla?
Il cuore della vicenda resta fedele all'opera danese: durante una vacanza in Italia, la famiglia americana dei Dalton – interpretata da Scoot McNairy, Mackenzie Davis e dalla giovanissima Alix West Lefler – incontra una famiglia britannica, più estroversa e apparentemente perfetta. James McAvoy interpreta il carismatico Paddy, affiancato dalla sua giovane moglie Ciara (Aisling Franciosi) e dal figlio introverso Ant (Dan Hough), un ragazzo che non parla mai, per una sua particolare condizione fisica, dicono i genitori, ovvero l'essere nato con una lingua molto piccola. I due nuclei familiari, così diversi tra loro, si incontrano, e ben presto i Dalton vengono invitati per un fine settimana nella casa isolata di Paddy e Ciara, immersa nella tranquilla campagna inglese.
Sebbene inizialmente dubbiosi, i Dalton accettano l'invito, sperando che una nuova amicizia possa alleggerire la tensione che grava sul loro matrimonio. Tuttavia, il weekend si trasforma presto in un incubo: la recita di Paddy e Ciara si sgretola, lasciando emergere una tensione opprimente e sgradevole che avvolge i Dalton, intrappolandoli in una casa dalla quale sembra impossibile fuggire.
Speak No Evil è un remake, ma solo sulla carta
Mentre il film originale di Tafdrup esagerava con metafore allegoriche, James Watkins riesce a dare una scossa alla narrazione, imprimendo al film una svolta decisamente più dinamica. La seconda metà della pellicola si allontana dall’apatia dei protagonisti, trasformando quella che era una lenta discesa verso l’orrore in una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Il concetto di resistenza passiva, incarnato dalla famiglia Dalton, diventa il fulcro di un climax esplosivo che porta il film su un piano diverso rispetto al predecessore.
Ti potrebbe interessare:
La celebre frase, "siete stati voi ad avercelo lasciato fare", diventa un simbolo di riflessione sulla passività della società moderna, ormai anestetizzata di fronte a qualsiasi forma di violenza o manipolazione. Watkins riesce così a plasmare un film che non è semplicemente una copia, ma un’opera quasi del tutto originale.
Un cast in gran forma
Il film si distingue anche per le performance del suo cast. James McAvoy, nei panni di Paddy, offre una prova carismatica e inquietante, riuscendo a trasmettere carisma e terrore in egual misura. Scoot McNairy e Mackenzie Davis sono altrettanto solidi nei ruoli di una coppia che lotta per mantenere la propria sanità mentale in una situazione sempre più disperata. Una menzione speciale va ai giovani attori: Alix West Lefler, nel ruolo della piccola Agnes, affetta da forti crisi d'ansia e soprattutto Dan Hough nei panni di Ant. Sebbene il suo personaggio sia muto, Hough riesce a comunicare un’angoscia profonda con poche espressioni e gesti, rendendo il suo silenzio ancora più inquietante.
8
HyRankSpeak No Evil
Speak No Evil non è solo un remake, ma una reinvenzione intelligente e appassionante di una storia già interessante. Watkins riesce a elevare l'opera originale, trasformandola in un thriller psicologico teso e incalzante. Un film che, pur rispettando le radici dell’opera danese, trova una sua identità, conquistando con una narrazione affascinante e disturbante.
Aspetti positivi
Cast
Regia
Innovazione
Aspetti negativi
Qualche cliché di troppo