The Brutalist, Recensione: il film dell’anno che sa di classico
Tra un Adrien Brody in formato Oscar e aspetti tecnici da brividi, ecco il film che ha scosso Venezia.
Un film in lavorazione da sette anni, con un budget quasi insignificante per un progetto del genere, che riesce a tramutarsi in un'epica e imponente esperienza cinematografica. The Brutalist, film che tra le tante cose si concentra anche sul rapporto tra arte e capitalismo, è un trionfo per il cinema contemporaneo. Non ce ne voglia il Leone d'Oro di Pedro Almodovar (qui la recensione del suo eccellente The Room Next Door), ma il vincitore indiscusso di Venezia 81 èThe Brutalist di Brady Corbet.
The Brutalist parla di un architetto visionario, come visionaria è l'opera del regista di L'infanzia di un capo e Vox Lux. Un'opera d'altri tempi, un'epopea di 3 ore e mezza ambientata in America dopo la Seconda guerra mondiale. Film che oggigiorno si possono concedere, in genere, solo i grandi maestri del cinema, vedasi Martin Scorsese in Killers of the Flower Moon.
E a proposito di storia del cinema, si stanno già consumando i paragoni con C'era una volta in America di Sergio Leone e Il petroliere di Paul Thomas Anderson. Per quanto possano sembrare confronti azzardati, The Brutalist vi si avvicina incredibilmente per ambizione, linguaggio e tematiche, in particolare col film di Anderson.
The Brutalist: l'epopea di László Tóth
È l'immagine della Statua della Libertà rovesciata ad aprire The Brutalist, al termine di una sequenza d'apertura fenomenale nell'attirare l'attenzione dello spettatore e tenerlo incollato allo schermo per tutta la durata della pellicola, mettendo in luce sin da subito atmosfere e tematiche.
Si assiste all'arrivo a New York dell'architetto brutalista (da cui il titolo) László Tóth (Adrien Brody), ungherese di origine ebrea, sopravvissuto ai campi di concentramento. Contrariamente a quanto ci si possa aspettare, The Brutalist è tutt'altro che un film sull'Olocausto. Il tema viene si trattato, ma in modo intelligente. Corbet è interessato a raccontare l'esperienza dell'immigrazione e del razzismo, spaziando attraverso 30 anni della vita di László e sua moglie Erzsébet (Felicity Jones).
Quella Statua della Libertà al contrario diventa così simbolo di un sogno americano che delude le aspettative. I sogni di László si scontrano con una realtà che non è ancora pienamente pronta ad accettarlo, né come essere umano, in quanto ebreo; né come architetto, obbligato a sottostare alla volontà dei finanziatori che ne limitano le libertà artistiche e la creatività.
László arriva sul suolo americano in condizioni di assoluta povertà, senza poter mettere in luce le proprie qualità di architetto e sopraffatto dalla dipendenza per l'oppio. Le cose cambiano però grazie all'incontro con il magnate Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce). Tra le svariate difficoltà del protagonista, Corbet mostra cosa voglia dire farsi strada, partendo dal fondo, in una nuova società.
Un film in due parti: tra sogno americano e tragedia greca
Per un festival cinematografico come Venezia è del tutto inusuale che venga inserito un intervallo a metà film. È questo il caso di The Brutalist, su esplicita richiesta di Corbet, con tanto di conto alla rovescia di 15 minuti. Una pausa fondamentale non solo per digerire più facilmente la lunga durata, ma soprattutto per dare risalto allo stacco tra le due metà del film, differenti da un punto di vista tematico e concettuale.
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Il regista ha definito la prima parte come la rappresentazione del sogno americano, la seconda come una tragedia greca. Due parti non esattamente sullo stesso livello, in quanto lo stacco di metà film accentua la perfezione della prima parte, la cosa più vicina al capolavoro vista fin qui nel 2024. Non che la seconda parte di The Brutalist ne rovini totalmente la visione, ma qualche scelta narrativa e il finale lasciano un briciolo di amaro in bocca.
Unica pecca di un film comunque sensazionale in tutto e per tutto, che probabilmente migliorerà con un ulteriore visione. Non ironicamente (per un film di 215 minuti), avremmo voluto non finisse mai. Un'altra mezz'ora avrebbe addirittura giovato alla pellicola, per chiudere in modo più soddisfacente alcuni risvolti narrativi.
The Brutalist: la miglior interpretazione di Adrien Brody?
The Brutalist si candida a film dell’anno. Un film maestoso sotto ogni aspetto, dalla regia di Corbet alle interpretazioni del cast. Adrien Brody é il Daniel Day-Lewis di Corbet, autore di un’interpretazione magistrale che gli varrà come minimo la seconda candidatura agli Oscar, dopo la vittoria per Il pianista. Estremamente convincenti anche le performance di Felicity Jones (La teoria del tutto, Rogue One), nel ruolo più drammatico della pellicola, e di Guy Pearce (Memento).
Parlando di stagione dei premi, sentiremo a lungo parlare di The Brutalist. Ha tutte le carte in regola per essere il film in grado di accontentare tutti, per tematiche, aspetti tecnici e portata del film. Oltre alla regia di Corbet, premiata con il Leone d'Argento a Venezia, sono colonna sonora e montaggio a dare una marcia in più alla pellicola, insieme ad una fotografia impressionante. Il film è stato girato, infatti, in pellicola da Lol Crawley. Non un semplice dettaglio visivo ma un enorme valore aggiunto, in grado di conferire una patinatura perfetta per proiettare lo spettatore negli anni in cui sono ambientate le vicende. Se possibile, è d'obbligo ammirarlo in 70 mm.
A prescindere dai riconoscimenti, The Brutalist resterà un’opera colossale da ricordare a lungo. A soli 36 anni, Brady Corbet potrebbe aver già confezionato il suo capolavoro. Sarà il tempo a sancirlo. Nel frattempo non possiamo che aspettare di rivederlo più e più volte, lieti di poter ammirare sul grande schermo un film d’altri tempi, che racconta il passato, guardando al presente e al futuro.
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HyRankThe Brutalist
The Brutalist di Brady Corbet è un'opera monumentale che riporta alle origini del sogno americano, raccontando l'esperienza di un architetto di origine ebrea sopravvissuto ai campi di concentramento. Corbet confeziona un film maestoso per toni e ambizioni, in cui le 3 ore e mezza di durata non vengono mai percepite. Adrien Brody dà vita ad un'interpretazione superlativa, da premio Oscar, coadiuvato dagli ottimi Guy Pearce e Felicity Jones. Sono però fotografia e colonna sonora ad elevare ulteriormente The Brutalist ad un'epica esperienza cinematografica. Un film d'altri tempi, il cui unico problema è avere una seconda parte non perfetta come la prima metà. L'epopea di Corbet rimane però un autentico trionfo.