The Zone of Interest, Recensione: la normalità che cela l’orrore

Dopo il passaggio a Cannes, dove ha conquistato il Gran Premio della Giuria, arriva anche al Festival del Cinema di Roma The Zone of Interest, diretto da Jonathan Glazer. Il regista di Under the Skin racconta l’orrore dell’Olocausto. Ma lo fa a modo suo, mostrando la quotidianità di una famiglia tedesca che ha avuto un […]

The Zone of Interest

Dopo il passaggio a Cannes, dove ha conquistato il Gran Premio della Giuria, arriva anche al Festival del Cinema di Roma The Zone of Interest, diretto da Jonathan Glazer.

Il regista di Under the Skin racconta l'orrore dell'Olocausto. Ma lo fa a modo suo, mostrando la quotidianità di una famiglia tedesca che ha avuto un ruolo rilevante nello sterminio.

Tratto dall'omonimo romanzo di Martin Amis e prodotto da A24 e Extreme Emotions, The Zone of Interest debutterà nelle sale italiane il 25 gennaio 2024 distribuito da I Wonder Pictures. E potremmo sentirne parlare a lungo in occasione della prossima stagione dei premi. Il film è stato, infatti, selezionato come rappresentate britannico nella categoria di miglior film straniero, dove concorrerà per l'Italia Io Capitano.

La zona di interesse

La zona di interesse a cui fa riferimento il titolo rappresenta l'area circostante al campo di concentramento di Auschwitz. Una zona adiacente ma al contempo distante dal luogo in cui si commettono alcune delle peggiori atrocità che la storia dell'umanità ha conosciuto.

Il muro che separa Auschwitz dalla zona di interesse cela, infatti, l'orrore dagli occhi dei tedeschi che la abitano. Tra questi, la famiglia di Rudolf Höss (Christian Friedel), il comandante del campo di concentramento sposato con Hedwig (Sandra Hüller).

Hoss è stato l'uomo chiave dietro la costruzione del campo di concentramento di Auschwitz. Se inizialmente non era neppure previsto che diventasse un luogo di sterminio di tali proporzioni, il lavoro di Hoss, tra gli altri, ha reso possibile il peggio.

Una tragedia impossibile da raccontare

Pur trattando una figura come Hoss, Glazer assume un atteggiamento distaccato, lo presenta inizialmente come un qualunque patriarca di famiglia. A lungo non dà allo spettatore un vero motivo per odiarlo, per il male che si consuma sotto il suo comando.

The zone of Interest nasconde l'orrore dietro il muro. Si avverte ma si vede solo per pochi istanti. Attraverso le urla di dolore, o il fuoco ardente ed il fumo al margine dell'inquadratura. La scelta di relegare il dolore ad un ruolo secondario, di mettere in primo piano la leggerezza ed il disinteresse del popolo tedesco non fa altro che rafforzare la condanna di Glazer. Il messaggio che ne esce fuori è ancor più potente: una tragedia così immane da non poter essere raccontata.

I tedeschi continuano a vivere la propria vita come se niente fosse, anzi traggono vantaggio dall'incubo della Shoah (possono impossessarsi degli abiti o di altri oggetti confiscati agli ebrei). I bambini giocano con il fumo di Auschwitz a fare da sfondo. Giocano a fare la guerra, con i soldatini. Gli adulti scherzano sul destino degli ebrei. I soldati pensano ad aumentare la "produttività" dei campi.

Ma ad infastidire è soprattutto il gusto dei tedeschi per il bello e per il lusso. Hedwig ha un ruolo fondamentale in tal senso. Dopo essere diventata la "Regina di Auschwitz", la donna non ha alcuna intenzione di abbandonare il suo regno. Fa notare come una delle prime cose che ha voluto nella propria abitazione sia stata il riscaldamento centralizzato. Per non morire di freddo, quando a pochi passi si lottava anche contro l'ipotermia. A ciò si aggiunge l'ossessione per i fiori (la vita che nasce dalla morte) e le piante, uno scudo visivo in grado di nascondere il muro.

La potenza delle immagini

Quello che molti non apprezzeranno di The Zone of Interest è la mancanza di una trama "classica". Succede molto poco. Per questo, oltre che per i personaggi che ne sono protagonisti, non è facile entrare in sintonia con la pellicola. Ma alcune sequenze fanno scaturire un senso di angoscia incommensurabile. Perché il film di Glazer non è per tutti, ma ha una profondità tale da non poter non toccare l'animo di ogni spettatore e far dubitare su cos'è male.

Ed il merito va soprattutto al modo in cui il film è stato girato e messo in scena. Immagini che riescono a raccontare più dei dialoghi stessi, anche quando sembra non accadere nulla. E poi alcune trovate che proiettano l'attenzione verso lo schermo. Il ritmo non sarà la cosa migliore della pellicola, ma 100 minuti così riescono ad impressionare. Grazie ad un sonoro da brividi.

The Zone of Interest non è il solito film sull'Olocausto. È un'esperienza cinematografica straziante e lacerante. Sa far riflettere come pochi altri.

The Zone of Interest

8

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La zona d'interesse

The Zone of Interest é un’esperienza cinematografica lacerante. Glazer riesce a trasmettere l’angoscia e l’orrore dell’Olocausto anche nascondendolo, concentrandosi invece sulla quotidianità della famiglia tedesca che l’ha reso possibile. La tragedia che passa in secondo piano perché impossibile da raccontare. Un film non accessibile a tutti ma estremamente profondo.

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