Unbelievable, l’incredibile vera storia di Marie

Unbelievable è una serie tv del 2019, diretta e creata da Susannah Grant, sceneggiatrice dell’acclamato “Erin Brockovich – Forte come la verità” del 2000, film con cui Julia Roberts vinse il premio Oscar di migliore attrice protagonista. “E’ una ragazza impegnativa”, “Ha avuto un’infanzia difficile”, “Perché l’hai fatto?”, “E’ da malati”, “Come potrei mai crederti […]

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Unbelievable è una serie tv del 2019, diretta e creata da Susannah Grant, sceneggiatrice dell'acclamato "Erin Brockovich - Forte come la verità" del 2000, film con cui Julia Roberts vinse il premio Oscar di migliore attrice protagonista.

"E' una ragazza impegnativa", "Ha avuto un'infanzia difficile", "Perché l'hai fatto?", "E' da malati", "Come potrei mai crederti adesso?". Queste sono alcune delle frasi che Marie Adler, la protagonista di Unbelievable, si sente dire quando denuncia lo stupro subito.

A distanza di un anno dalla sua uscita, riproponiamo questa mini-serie Netflix basata sulla storia veria di un'adolescente vittima di violenza che, al momento di denunciare il fatto, non viene creduta dagli investigatori coinvolti nel caso.

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Unbelievable, Marie

Dall'articolo di ProPublica a Netflix.

La serie e la storia di Marie iniziano così, con la protagonista che racconta uno stupro. Marie ha 18 anni, lavora come commessa; è cresciuta in diverse famiglie affidatarie, dopo un'infanzia con una madre abusante. Marie è stata una ragazza difficile per alcune famiglie. Marie non è una ragazza affidabile, né per gli amici né per la polizia. Il dubbio che Marie possa mentire aleggia sin dai primi momenti.

E quando gli investigatori notano delle incongruenze tra quanto riportato inizialmente e quando riferito successivamente, il dubbio si concretizza. Irremovibile, giudicante, senza appello. Marie è una bugiarda che per attirare l'attenzione inventerebbe di tutto. La sua storia non è credibile.

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Immagine fotografata

La traccia si disegna

Ma è credibile la storia di Amber, studentessa di Chicago. Amber si vergogna di raccontare la sua storia, ma i dettagli che fornisce alla detective Karen Duvall (Merrit Wever) sono simili a quelli del caso di Marie. E per Karen sono convincenti.

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Immagine fotografata

I dettagli sono simili anche al caso di Sarah, il cui caso è seguito dalla detective Grace Rasmussen (Toni Colette). Le due detective uniranno così le forze per seguire le tracce di uno stupratore seriale.

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Immagine fotografata

Uno per uno, seguiranno i casi di Amber, Sarah, Lily, e molte altre. Fino a tornare a Marie. Una Marie ormai segnata dalla scandalo: è isolata, abusa di alcool, usa droghe, ha perso il lavoro, perdendo il sostegno anche della sua comunità di accoglienza. Non solo, è perseguita dalla legge per falsa testimonianza, costretta non solo a rinnegare quanto le è accaduto, ma a pagare una multa e le spese legali.

Le prove raccolte da Grace e Karen (nella realtà, le detective Stacy Galbraith e Edna Hendershot) sono incontrovertibili: Marie ha detto la verità. Il suo background e la sua storia personale hanno influenzato la percezione degli investigatori che all'epoca hanno seguito il caso.

Marie è una vittima: di una famiglia abusante, di uno stupratore violento, di un sistema che non riesce a superare i pregiudizi.

La fotografia è verità, e il cinema è verità ventiquattro volte al secondo.

Jean-Luc Godard

Il pubblico ha bisogno di verità

La necessità di verità porta cinema, televisione e produzioni per piattaforme di streaming a raccontare i diversi aspetti della violenza sulle donne nelle sue diverse sfumature: la cultura del branco e l'oggettivazione del corpo (Le regole dell'attrazione, 2002; 13 reasons why, 2017; Easy Girl, 2010), la mercificazione della donna (Blue Velvet, 1986), le violenze in famiglia (Uomini che odiano le donne, 2009; La bestia nel cuore, 2005), l'abuso sessuale e lo stupro (The fall, 2013; How to get away with murder, 2014).

Unbelievable rientra a pieno titolo in questa raccolta. Ciò che, però, contraddistingue la miniserie è l'alienante senso di angoscia che si vive nei panni della protagonista. Il cinema ha spesso raccontato storie di errori giudiziari, come anche storie di vittime di abuso del sistema; mai, però, una serie era riuscita a conciliare entrambi questi aspetti con tale efficacia e violenza narrativa.

Se la realtà del dramma ne è la forza motrice, la drammatizzazione della realtà rappresenta l'unico limite di Unbelievable. Un po' come successo con Il caso Spotlight (2015), le detective protagoniste assumono le parti degli eroi che si schierano a difesa della verità contro un nemico più grande e inafferrabile, quando invece sono delle persone che inseguono uno scopo, forse mosse da un ideale, dalla ricerca della verità, o dalla semplice dedizione al lavoro. L'eroizzazione, e di conseguenza la creazione degli antieroi incarnati dagli investigatori che per primi prendono in mano il caso di Marie, patina la serie di un velo che stona con la verosimile rappresentazione di una protagonista fragile ma umana, interpretata da una bravissima Kaitlyn Dever.

Se dovessero interessare altre serie tv Netflix, la redazione vi suggerisce la recensioni di Barbari.
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