Vikings 6, Recensione: l’inizio della fine
Finalmente siamo giunti alla conclusione di un percorso iniziato nel 2013 su History Channel, Vikings che negli anni è cresciuto sempre di più fino a diventare un fenomeno mondiale al pari delle più rinomate serie holliwoodiane. Con 6 stagioni, divise ciascuna in 20 episodi, si chiude il cerchio della serie che narra nascita vita e […]
Finalmente siamo giunti alla conclusione di un percorso iniziato nel 2013 su History Channel, Vikings che negli anni è cresciuto sempre di più fino a diventare un fenomeno mondiale al pari delle più rinomate serie holliwoodiane.
Con 6 stagioni, divise ciascuna in 20 episodi, si chiude il cerchio della serie che narra nascita vita e morte dell’Età d’oro dei vichinghi. La 6B (seconda metà dell’ultima stagione) da noi sarà disponibile su Netflix e Prime Video verso fine mese, mentre già ora è disponibile su servizi streaming concorrenti. Il mio consiglio è di aspettare, se potete, che vengano rese disponibili su Netflix o Prime Video.
NARRAZIONE E RESA VISIVA
La qualità di quest’ultima parte di Vikings è rimasta invariata e mantiene alti gli standard a cui il resto della serie ci aveva abituati.
Registicamente è sempre Vikings e le atmosfere sono rese sempre al meglio, con una fotografia sempre volta ad evidenziare genio e follia dei Vichinghi, quest’ultimi interpretati in modo magistrale dal corposo cast che anche in quest’utlima stagione impersona i figli di Ragnar Lothbrok.
L’unica pecca di queste ultime puntate risiede nel non aver tempo per approfondire alcuni rapporti e alcune battaglie che storicamente hanno invece impiegato addirittura anni per evolversi e concludersi.
Ma se da un lato troviamo questa leggermente eccessiva, e mai esagerata, fretta finale, i registi e gli sceneggiatori hanno saputo volgerla a loro vantaggio, ed è presto detto come.
Temi come quello della malinconia, della chiusura, della fine di un’epoca, emergono in modo ripetuto e continuativo durante tutta l’ultima metà finale della 6 stagione di Vikings.
Accadrà spesso e con personaggi diversi che quest’ultimi si ritroveranno quasi a rompere la quarta parete, parlando quindi con lo spettatore, per sottolineare come ormai l’Epoca d’oro dei Vichinghi, inaugurata dal leggendario e mitologico Ragnar Lothbork, sia ormai al tramonto.
È questa la direzione principale presa nelle battute conclusive e non manca di fare centro colpendo lo spettatore dritto al cuore, spiegandoli ancora una volta che le gesta di Ragnar ormai appartengono alle leggende e che la sua enorme eredità, troppo grande per un singolo uomo è stata spartita e portata avanti in singole parti dai suoi altrettanto leggendari figli.
Portare avanti e chiudere il lascito dei padri, è questo il tema che emerge dal finale di Vikings. Ci saranno due ultime grandi battaglie, ma il loro scopo non sarà più portare gloria e fama ai Vichinghi, bensì serviranno per scandire il passaggio da un’era all’altra.
Uno dei motivi per cui Vikings è diventata una serie così famosa, è il suo naturale modo di rappresentare senza filtri quella che era la vita dei Vichinghi. Violenza, razzie, sesso e alcol non verranno mai censurati dall’inizio alla fine della serie, un po’ come avveniva (più all’inizio che alla fine) ne Il Trono di Spade, altra serie di grandissimo successo sempre grazie alla sua narrativa senza filtri.
Ponendo un paragone tra le due serie, e sopratutto tra i due epiloghi, è doveroso sottolineare come Vikings eccella sotto molti punti di vista. Di fatto, è oramai noto alla maggior parte degli spettatori fan di entrambe le serie TV, che Il Trono di Spade abbia fallito in buona parte (se non tutta) il proprio finale. Un po' perché l'assenza di George R.R. Martin si è fatta sentire e un po' per la fretta di concludere e battere cassa, gli sceneggiatori hanno optato per una serie di decisioni rapide e poco ponderate, una scelta rischiosa.
La serie de Il Trono di Spade (e i libri) hanno da sempre abituato il lettore/spettatore a lunghi dialoghi, e prolungate decisioni strategiche in vista della conquista di un territorio. Inoltre, gran parte dei personaggi è letteralmente stata lasciata al proprio destino, frase che si traduce in una prevedibilità annunciata circa la chiusura dei cicli narrativi di quasi tutti i protagonisti. Nessuno stupore o sorpresa positivi, se non molte domande che non troveranno mai risposta (forse nei fantomatici spin off che sono in fase di pre-produzione e produzione al momento).
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Tornando a Vikings, quest’ultima sesta stagione, sebbene riprenda tutte queste caratteristiche, si porta dietro l’enorme fardello di dover dare una degna conclusione alla serie e all’Età d’oro dei Vichinghi. È quindi in quest’ottica che esorto lo spettatore a guardare quest’ultima stagione, le aspettative non saranno deluse.
Alcune inesattezze storiche possono quindi essere facilmente sorvolate, sopratutto considerato che anche per quanto riguarda le vicende più storicamente note riguardanti Ragnar e figli, nel migliore dei casi esistono più versioni delle stesse, alimentando ancor di più l’alone di mito e leggenda delle loro gesta. Pertanto stare a soffermarsi su un singolo particolare storico non accurato sarebbe controproducente per apprezzare il vero potenziale di Vikings.
CAST ECCEZIONALE
Fino alla fine tutti i personaggi rimasti nell’ultima stagione portano a schermo performance attoriali degne di questo nome, rappresentando i Vichinghi sempre al meglio e nel modo più credibile possibile.
Menzione speciale va fatta a Alex Hogh che ha interpretato fino alla fine il grande Ivar Lothbrok, “Il Senz’ossa”, riuscendo a rappresentare perfettamente il genio e la follia del suo personaggio nonché l'enorme crescita psicologica che ha avuto dall’inizio alla fine delle sue avventure.
Non mancheranno anche di chiudersi gli ultimi capitoli rimasti in sospeso con personaggi storici presenti fin dalla prima stagione, e di questo i fan non possono altro che esser contenti.
CONCLUSIONE DOLCE AMARA
Trattasi quindi un finale bellissimo e colmo di significati quello di Vikings: dolce e profondo per l’eredità di Ragnar che trova in qualche modo sfocio nei suoi figli, i quali presi singolarmente non potevano sopportare un peso così importante sulle loro spalle.
Amaro perché, come in tutte le opere di epica, arriva sempre il momento del tramonto per gli eroi e tale momento non può che essere colto con rammarico e nostalgia di chi apprezza l’opera.
Ma in fondo va bene così… “Skal”!
8.5
HyRankVikings
Una conclusione dolce amara per la serie che ha portato alla ribalta le gesta dei Vichinghi più famosi della storia durante la loro epoca d'oro.